Il Piano Juncker rappresenta il successo più significativo della campagna New Deal for Europe (ND4E) iniziata con un'Iniziativa dei cittadini europei nel 2014. Dopo sette anni di politiche di austerità, il Presidente della Commissione europea ha finalmente affermato che la crescita e la creazione di nuovi posti di lavoro (gli obiettivi che ispirano la proposta politica di ND4E) sono le sue priorità, ha specificato che c'è fretta e sembra legare il destino del suo mandato al successo del piano di investimenti, perché è convinto che quest'ultimo contenga la risposta a quanto chiedono i cittadini. Siamo noi che abbiamo coniato la parola d'ordine ND4E, che è ormai sulla bocca di tutti da Tsipras, a Renzi a Ségol e l'ha usata lo stesso Juncker.
I fatti ci stanno dando ragione. Il più notevole successo della nostra proposta è rappresentato dal fatto che nel corso della campagna elettorale europea essa ha ricevuto il sostegno di cinque dei sei capilista dei principali partiti europei e la promessa, da parte di Juncker, di considerare la proposta dopo le elezioni. Il Piano Juncker contiene la risposta. Oggi esso ha cominciato a essere operativo. Hanno sostenuto ND4E 10 comitati nazionali, 68 ONG, 13 sindacati, 126 Sindaci (tra cui quelli di Parigi, Lione, Lille, Roma, Torino e Pisa), 47 personalità del mondo della cultura e della politica, 50 membri del Parlamento Europeo. Da anni una campagna federalista non era riuscita a coinvolgere tanti interlocutori del mondo politico e della società civile in tanti paesi europei contemporaneamente. Abbiamo lanciato una parola d'ordine che corrisponde ai bisogni di vasti strati della popolazione europea e la politica non ha potuto fare a meno di riconoscerlo.
Possiamo affermare che, mentre le tre ICE che hanno raggiunto il traguardo del milione di firme non hanno ottenuto che la Commissione formulasse le corrispondenti proposte legislative, il nostro è l'unico caso in cui la Commissione ha recepito una proposta contenuta in un'ICE, e l'ha fatto prima della conclusione della raccolta delle firme. Per questo motivo abbiamo ritirato l'ICE ND4E, ma nello stesso tempo abbiamo deciso di continuare la campagna ND4E per perseguire gli obiettivi non ancora acquisiti (la creazione di nuove risorse proprie tramite una tassa sulle transazioni finanziarie, una carbon tax e euro project bonds), ricorrendo a un altro strumento di democrazia partecipativa: la petizione al Parlamento europeo.
E' vero che non abbiamo conseguito l'obiettivo del milione di firme, ma questo è stato il destino di quasi tutte le ICE. Le difficoltà incontrate (lo scetticismo, se non l'avversità, di parte dell'opinione pubblica e, non ultima, l'eccessiva gravosità della procedura per firmare) sono tali che l'uso dell'ICE è quasi cessato. Oggi ne sono in corso solo quattro. Le istituzioni europee stanno discutendo sul che fare per salvare questo istituto di democrazia partecipativa (il primo esempio di iniziativa popolare delle leggi a livello europeo), che aveva suscitato tante aspettative e tanto interesse.
Comunque sia, credo che abbiamo avuto ragione a sperimentare questo istituto innovativo, che tanta attenzione ha ricevuto dalle istituzioni, dal mondo politico e dalla società civile. Rivendichiamo la libertà di sperimentare perché siamo convinti che nessuno possieda la verità a priori. Non solo la conoscenza, ma anche il successo delle iniziative politiche, si costruisce faticosamente negli esperimenti. Noi che aspiriamo a essere l'avanguardia cosciente del popolo europeo avevamo una sorta di obbligo morale di sperimentare tra i primi lo strumento dell'ICE. Il suo uso ci è servito a confermare quanto tutti oggi sanno – che l'istituto va cambiato – e, nello stesso tempo, a conseguire l'importante risultato politico sopra illustrato.
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Il dibattito sul futuro dell'Europa è polarizzato attorno a due posizioni, che occupano la scena politica: il neo-liberismo e il populismo. Il neo-liberismo è l'ideologia che, sull'onda della globalizzazione, afferma che più si riducono i vincoli al libero gioco delle forze del mercato più si sviluppano la prosperità, la libertà e la pace. Il predominio, a partire dagli anni ’70, di grandi concentrazioni di potere economico sul mercato globale ha determinato un arretramento della politica, l'erosione della sovranità degli Stati e delle istituzioni democratiche, la subordinazione dei governi ai mercati e dell'economia reale alla finanza.
D'altra parte, il populismo crede di potere mettere sotto controllo le oligarchie finanziarie ritornando alle sovranità chiuse e al nazionalismo. E' una posizione anacronistica che tenta di fare girare indietro la ruota della storia, come se il ritorno alle sovranità e alle monete nazionali consentisse di fare fronte alle sfide globali in un mondo i cui protagonisti sono Stati di dimensioni macro-regionali.
E' nostra responsabilità affermare il federalismo come il nuovo pensiero forte capace di dare una risposta alla crisi finanziaria ed economica e di promuovere, attraverso un'Europa che parli con una sola voce, il modello federale nel mondo. Dobbiamo tornare ai principi del Manifesto di Ventotene, che puntava alla Federazione europea. In questa prospettiva, l'integrazione economica si presenta come una tappa sulla via dell'unione politica. Solo nell’ambito di un'Unione federale la politica potrà riprendere il sopravvento sui mercati ed estendere sul piano europeo i principi della democrazia, dello Stato di diritto e del governo dell'economia. Con una tassa sulle transazioni finanziarie e una tassa sulle emissioni di CO2 – che si possono attivare solo nell'ambito dell'eurozona – sarà possibile mettere sotto controllo la speculazione finanziaria e l'inquinamento dell'ambiente, raddoppiare le risorse proprie del bilancio europeo e avviare il trasferimento al Parlamento europeo del potere di decidere non solo le spese, ma anche le entrate del bilancio europeo.
Dobbiamo riportare la solidarietà nel cuore dell'Europa e mettere l'Europa al servizio dei cittadini. La campagna “New Deal for Europe” per un piano europeo straordinario per lo sviluppo sostenibile e l'occupazione è la risposta alle due emergenze cui l'UE deve fare fronte: la disoccupazione, che ha superato nell'UE il livello dei 23 milioni, la disaffezione di un numero crescente di cittadini nei confronti delle istituzioni europee.
* è il primo promotore della petizione registrata dall'ufficio petizioni del Parlamento europeo il 21 ottobre 2015 con il numero 1049/2015.