Il 21 gennaio a Milano ho avuto il piacere di rappresentare il Movimento Federalista Europeo ad un incontro organizzato dal circolo PD Aniasi dal titolo “periferie del mediterraneo da Bangui a Bruxelles. Globalizzazione, Europa e Migrazione”. Hanno partecipato Antonio Villafranca dell’ISPI, Giovanni Bianchi, già presidente delle Acli, Giorgio del Zanna della Comunità di Sant’Egidio, l’imam Abd al Sabur Turrini e le parlamentari del PD Patrizia Toia e Lia Quartapelle.
E’ chiaramente emersa la convinzione che in una globalizzazione che è irreversibile ma non si autogoverna, un’Unione Europea capace di essere attore politico potrebbe dare risposte significative agli squilibri crescenti.
L’incontro è nato, come molti altri organizzati a Milano in questi anni, da spunti offerti da Papa Francesco sulle disparità e sulla definizione di periferie, intese non solo come luoghi geografici urbani o del mondo, ma anche come contesti di difficoltà e di esclusione su cui si scaricano gli squilibri della globalizzazione. Così sono periferie del mondo i Paesi del Medio Oriente che sono stati culla della civiltà, gli Stati dell’Africa Subsahariana su cui pesa ancora la drammatica esperienza del colonialismo, la banlieue parigina e Moleenbek zona di Bruxelles a due passi dalla Grand Place.
Devo ammettere che fin dalla lettura dell’Evangeli Gaudium sono stato colpito dall’idea di globalizzazione di Francesco e dalla sua prospettiva di città necessariamente multiculturale con le sue periferie potenzialmente esplosive a causa delle ingiustizie e dell’esclusione sociale(1). L’idea di periferie dell’esclusione figlie della globalizzazione degli squilibri, testimoniata dall’esortazione apostolica del 2013, è stata una previsione purtroppo azzeccata del drammatico 2015 del mondo e di Parigi, caratterizzato da un cortocircuito tra Stati falliti sotto i colpi delle organizzazioni terroristiche e criminali e periferie europee che esplodono. Il Pontefice ha, a mio parere, il grande merito di aver spiegato in modo sintetico gli squilibri di una globalizzazione in cui i governi per rispondere alla povertà ed alla disoccupazione attuano politiche irresponsabili, per usare le parole di Piketty, e lasciano la possibilità alle imprese di vendere armi a chiunque per ottenere un miliardo in più di Pil(2); in cui si fanno sempre più guerre dominate da organizzazioni criminali e gruppi terroristici(3), in cui le crisi finanziarie sono sempre più frequenti(4).
L’ascesa al soglio pontificio di un non europeo è chiaramente conseguenza di un mondo in cui l’Europa è sempre meno centrale, tuttavia paradossalmente un pontefice che non guarda il mondo con gli occhi dell’Europa può aiutarci a recuperare molte dimensioni dell’idea di unificazione europea dei padri fondatori.
Nel 1965 De Gaulle paralizzò per sei mesi la Comunità Europea eppure in quello stesso periodo nasceva l’ASEAN e veniva concepita l’idea di Southern Africa Development Community, negli anni novanta in cui Bruxelles e le cancellerie d’Europa stentavano a trovare una soluzione per la Jugoslavia nasceva il Mercosur ed anche se oggi molti dubitano della possibilità di sopravvivenza dell’Euro le organizzazioni regionali del mondo copiano dall’UE(5). L’analisi geopolitica di Francesco potrebbe certamente stimolare gli europei a fare i passi necessari per arrivare ad un’architettura istituzionale federale più consona alla globalizzazione rispetto all’Unione Europea/Area Euro.
Le disuguaglianze prodotte dalla globalizzazione si scaricano sia su paesi fragili, per le conseguenze del colonialismo e per carenze istituzionali ed ambientali, sia su alcune aree delle città europee. Si tratta di disuguagliane diverse. Se fuori dall’Europa vi sono milioni di persone che vivono nella quotidiana privazione di beni di prima necessità, nelle “periferie d’Europa” l’instabilità nasce di frequente più dall’esclusione che dalla povertà; non è un caso che molti foreign figjhters e tutti i protagonisti delle due stragi di Parigi provengano da Francia e Belgio, due paesi che con il reddito minimo, il salario minimo ed il welfare fanno tantissimo per la lotta alla povertà. Purtroppo in questi paesi le donne e gli uomini delle minoranze hanno sempre più la sensazione di essere stranieri a casa loro e Marie Anne Valfort denuncia che in Francia i curriculum che suonano musulmani vengono sistematicamente scartati(6).
E’ quindi necessario che i paesi europei che non hanno welfare universali si dotino di strumenti di lotta alla povertà più coerenti con il mondo del lavoro del XXI secolo, e contemporaneamente tutti i governi europei lavorino oltre la retorica sull’eguaglianza di opportunità.
Fuori dall’Europa, un’Unione Europea con un vero ministro degli esteri, deve sviluppare un approccio olistico alla sicurezza, che significa riprendere la strada tracciata dalla strategia europea in materia di sicurezza(7), che individua nei gruppi terroristici, nelle organizzazioni criminali, nella proliferazione di armi di distruzione di massa, nei conflitti regionali e negli Stati falliti le principali minacce alla nostra sicurezza. Approccio olistico significa sicuramente dotarsi di un esercito europeo, ma significa anche lavorare per limitare l’impatto degli squilibri del mondo e riconoscere che prima di arrivare all’uso della forza bisogna esplorare tutte le strade alternative. E’ necessario aumentare gli aiuti allo sviluppo(8) come effettuare missioni civili che per esempio potrebbero avere un impatto significativo sulla lotta alla corruzione(9) in paesi estremamente fragili; l’UE per esempio nei Balcani ha spesso svolto missioni di consulenza in materie giuridiche ed amministrative.
Bisogna infine ricordare che ogni iniziativa fuori dal mondo occidentale non può prescindere da una riforma radicale delle organizzazioni internazionali, oggi sempre più delegittimate. L’unione Europea/Area euro dovrebbe pretendere un seggio unico in tutte le organizzazioni internazionali di cui è membro e già ciò comporterebbe l’apertura dei lavori per la modifica dello statuto dell’ONU; inoltre dovrebbe chiedere una riforma radicale dell’ONU per esempio rimpiazzando il consiglio di sicurezza dell’ONU con una camera delle organizzazioni regionali(10). Bisogna far presto, perché l’instabilità che stiamo subendo è ormai intollerabile. Scrive Jeffrey Sachs(11),uno dei più grandi esperti al mondo di sviluppo, che gli ultimi cento anni di politica occidentale, si pensi alle scelte in Medio oriente, sono stati drammatici. Il 2016 può essere l’anno di svolta, perché si elegge un nuovo segretario generale dell’ONU e gli Stati Uniti potrebbero avere l’interesse di scegliere una figura di rilievo, perché l’ONU rivedrà i suoi obiettivi di lotta alla povertà, perché si potrebbe aprire il cantiere della riforma della governace internazionale. In tutte queste partite l’Unione Europa può e deve essere cruciale.
(1) FRANCESCO, Evangeli Gaudium, esortazione apostolica. 2013: “la città è ambito multiculturale…in cui i gruppi di persone condividono le stesse modalità di sognare…però sono moltissimi i non cittadini, i cittadini a metà, gli avanzi urbani…sono scenari di proteste di massa… criminalità, i quartieri si costruiscono per isolare”
(2) T. PIKETTY, Un costo esorbitante di essere un piccolo paese, 8 settembre 2014, in Si può salvare l’Europa, Bompiani, 2015
(3) D. HELD – A. MCGREW, globalismo e antiglobalismo, il Mulino, 2010
(4) R. RAJAN, terremoti finanziari, Torino, Einaudi, 2012
(5) Solo nel 2005 il Mercosur, organizzazione regionale sudamericana si è dotata di un parlamento
(6) T. PIKETTY, Laicità e disuguaglianza, l’ipocrisia francese, 8 settembre 2014, in Si può salvare l’Europa, Bompiani, 2015
(7) CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA. Strategia europea in materia di sicurezza. Un’Europa sicura in un mondo migliore. Dicembre 2003 https://www.consilium.europa.eu/uedocs/cmsUpload/031208ESSIIIT.pdf
(8) T. ATKINSON, Disuguaglianze, cosa possiamo fare, Cortina Raffaello 2015
(9) Tutti i più studi legano corruzione ed instabilità politica. Transparency International per esempio nel Corruption Perception Index 2014 censisce 175 nazioni. Tutti i collapsed state sono annoverati tra gli stati più corrotti: Siria al 159° posto; Yemen al 161°, Libia al 166°, Iraq al 170°, Afghanistan al 172°, Sudan al 173°, Somalia al 174° (ultimo insieme a Corea del Nord):
(10) Con il termine organizzazione regionale si intende un organizzazione internazionale i cui membri si concentrano in un solo continente o in una parte di un continente. Tra le altre cose si noti che il proliferare di accordi, di comunità a diverse velocità, o addirittura di Stati che aderiscono a diverse organizzazioni internazionali complica molto il quadro. Così vi sono organizzazioni regionali che hanno un’elevata consistenza politica come per esempio l’Unione Europea, organizzazioni che hanno una consistenza politica intermedia come l’Asean- Associazione delle nazioni del Sud EstFTAasiatico e associazioni che somigliano ad una semplice area di libero scambio come la NAFTA Nord America Free Trade Area. L’Asean per esempio ha faticato a sviluppare una dimensione politica poiché raggruppa paesi democratici, parzialmente democratici e non democratici; in America sarebbe errato pensare che la NAFTA e il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) siano organizzazioni gemelle. L’Africa nella prospettiva del regionalismo appare un insieme di cerchi concentrici: tutti i paese africani, eccetto il Marocco aderiscono all’Unione Africana; 15 paesi Africani aderiscono all’Ecowas-Comunità Economica dell’Africa Occidentale. 7 di questi fanno parte dell’area monetaria del Franco Cfa insieme a 7 paesi che non aderiscono all’ECOWAS. 15 paesi fanno parte della SADC-South African Development Community, 4 di loro, Sudafrica, Namibia, Botswana, Lesotho and Swaziland fanno parte della SACU – South Africa Development Community. Burundi, Ruanda, Kenya, Tanzania (membro Sadc) e Uganda fanno parte della Comunità Economica dell’Africa orientale organizzazione che dovrebbe progredire verso un’unione federale e monetaria Se si volesse riformare l’ONU dando peso alle organizzazioni regionali e affidando loro un compito di sintesi delle volontà sarebbe necessario anche uno sforzo in termini di definizione. Sarebbe ragionevole pensare che in una camera delle organizzazioni regionali paesi come Stati Uniti, Cina e India possano da soli ottenere un unico seggio, le “medie potenze” ed i paesi più piccoli sarebbero costretti ad aggregarsi in organizzazioni simili all’Unione Europea. Per una proposta organica di riforma del Consiglio di Sicurezza dell’Onu si legga G. FINIZIO, Il consiglio di sicurezza dell’Onu, un inventario critico delle proposte di riforma . Centro Studi per il Federalismo, agosto 2008
(11) J. D. SACHS, La nuova era per il Medio Oriente, cinque principi per dare una forte consapevolezza alla politica dell’area. Il sole 24 ore, 29 dicembre 2015