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Europa in Movimento

| Verso un'Europa federale e solidale

Di Cédric Puisney - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=58623

Quando, il 22 novembre 2023, al Parlamento Europeo si è votato sulla proposta di modifica dei Trattati europei sulla base di un testo presentato da cinque relatori di vari gruppi politici, tra cui anche il rappresentante del Partito Popolare Europeo, Sven Simon, i parlamentari del PPE hanno votato in maggioranza (70%) contro la proposta (79 contrari + 27 astenuti) mentre solo 46 hanno votato a favore.

 

Il testo proposto consisteva in una serie di modifiche degli articoli dei Trattati volte a dare maggiori poteri alla Commissione e al Parlamento e ad introdurre in sede di Consiglio il voto a maggioranza nelle decisioni di politica estera. Il testo è passato a maggioranza con i voti di socialisti, verdi, liberali e del drappello del M5S, malgrado la opposizione della maggioranza dei popolari e della Sinistra e il voto contrario e compatto dei conservatori del ECR (la cui presidente è stata la Meloni fino alla sua nomina a premier italiana) e dei nazionalisti (gruppo ID) di Le Pen, Wilders e Salvini.

Il fatto che il partito dei popolari, eredi di Adenauer, Schuman e De Gasperi, si sia spaccato su un testo così importante non può non far riflettere sulla irrilevanza che hanno i partiti europei sulle scelte politiche che vengono prese a livello europeo e nazionale.
I federalisti europei hanno sempre sostenuto che la Federazione si farà il giorno in cui ci sarà tra i partiti la lotta per la conquista del potere in Europa, fino a quel giorno le dinamiche di potere nazionale prevarranno e le decisioni dei membri del Parlamento europeo saranno influenzate molto dalla posizione del proprio governo e pochissimo dalla posizione del partito europeo.

E’ sbagliato però pensare che la lotta politica europea ci sarà solo il giorno dopo la nascita della Federazione Europea, perché la nascita della Federazione è un processo graduale, non un “colpo di stato”. Oggi abbiamo nella UE molte importanti istituzioni federali, cioè veri e propri “pezzi” di potere europeo (moneta, mercato unico, corte di giustizia, procura europea) e molti strumenti per governarlo (Parlamento, Commissione, Consiglio, banca centrale, accordi Schengen). In tanti settori non siamo già più una semplice
Confederazione (1).

Mancano però i partiti.

Finora i federalisti fin dall’epoca di Spinelli (battaglia per la CED) (2) e successivamente sotto la guida di Albertini (3) (battaglia per l’Elezione del Parlamento e per la Moneta unica), hanno sviluppato la loro strategia con l’occhio rivolto ai governi, giudicati i soli detentori del potere e quindi gli interlocutori delle nostre richieste, giudicati quindi “strumenti” per arrivare alla Federazione o, nel caso di inerzia degli stessi, “ostacoli” all’avanzare del processo, ma pur sempre principali attori.

Nei confronti dei membri del Parlamento Europeo abbiamo lavorato, e bene, per la creazione all’interno del Parlamento stesso di un “intergruppo” federalista (lo “Spinelli Group”) (4), lavorando sui singoli parlamentari, alcuni dei quali eleggevamo anche come Presidenti della nostra organizzazione europea (UEF).

Abbiamo però trascurato i partiti, considerandoli giustamente marginali e ininfluenti. La votazione del 22 novembre scorso ci ha dimostrato invece che la mancanza di autorevolezza delle strutture europee dei partiti può essere un ostacolo altrettanto pericoloso della inerzia dei governi.
Cosa possono fare i federalisti per stimolare lo nascita di veri partiti europei che sviluppino la lotta politica a
livello europeo?
Intanto la prima mossa è riconoscerli come interlocutori, agire cioè come se esistessero ed avessero una loro autonomia strategica. Riconoscere gli interlocutori significa criticarli quando sbagliano o sono inerti, rivolgere a loro le nostre petizioni ed esigere risposte, invitare ai dibattiti i rappresentanti del partito europeo e non solo i politici locali.
Forse non siamo ancora attrezzati ad una azione su larga scala verso i vertici europei dei partiti, dobbiamo quindi partire da ciò che possiamo fare oggi e per spiegarlo parto da un esempio “nazionale” per fare una proposta “europea”.
Se un partito italiano prende una posizione razzista i federalisti, ma qualunque altra organizzazione della società civile democratica, contatterà il deputato locale di quel partito stigmatizzando la posizione razzista del partito, anche se il deputato locale magari non condivide neppure ciò che ha fatto il suo partito, ma così facendo lo spingiamo ad agire nel suo partito e a sentirsi corresponsabile della posizione nazionale.

A livello europeo nessun partito nazionale si sente corresponsabile di ciò che fa il suo raggruppamento europeo e quindi non cercherà neppure di influenzarlo, non farà quindi politica europea.
Ritorniamo all’esempio del voto del 22 novembre in cui il 70% dei popolari ha votato contro una riforma “federalista” dell’Unione Europea; il compito dei federalisti dovrebbe essere quello di andare dagli esponenti locali di Forza Italia, il partito italiano che aderisce al PPE, e dire che Forza Italia è corresponsabile di quel voto negativo e rafforzare la nostra critica con comunicati stampa contro Forza Italia e i popolari per il loro comportamento. Risponderebbero ovviamente indignati che loro sono federalisti ed eredi di De Gasperi, che sei di loro hanno votato a favore e solo due contro, che nulla possono del comportamento dei popolari francesi (il partito di Sarkozy) o dei popolari polacchi (il partito di Tusk) che hanno votato in massa contro.

Risposta scontata, ma intanto dovranno informarsi di cosa è successo a Strasburgo (la stampa e la TV non ne hanno parlato e probabilmente essi stessi non ne sanno nulla) e dovranno ammettere che il partito europeo di cui sono orgogliosi di far parte è pieno di contraddizioni interne, non ha una linea
politica e, se anche l’avesse, non ha gli strumenti per imporla ai parlamentari del proprio gruppo.

Questa nostra interlocuzione con gli esponenti locali, se ben pubblicizzata, non può non innescare un dibattito fruttuoso interno a Forza Italia e al PPE, anche se ci esporrà a critiche (“perché criticate noi e non i nazionalisti?”) o accuse (“vi schierate contro il governo votato dagli italiani”).

Il risultato che occorre ottenere è che la politica dei partiti europei sia sentita come “cosa propria” da parte di ogni partito nazionale e la nostra azione deve tendere a spingere i responsabili nazionali dei partiti a elaborare tattiche e strategie del “loro” partito europeo.

L’esempio che ho fatto riguarda i popolari che sono il gruppo di maggioranza relativa al Parlamento europeo, ma può essere esteso alle contraddizioni interne agli altri partiti europei (5), di cui non mancano esempi altrettanto eclatanti.

Piergiorgio Grossi

 

NOTE:
(1) La Confederazione è un accordo di collaborazione fra Stati che mantengono intatta la loro sovranità e in cui ogni decisione importante è presa all’unanimità da parte dei governi. La Federazione è una entità statale sovranazionale cui gli Stati aderenti delegano la sovranità nei campi di interesse comune (Difesa, Politica Estera, Moneta, Commercio internazionale) e le cui decisioni vengono prese a maggioranza col sistema democratico dagli organi eletti dai cittadini.
(2) La CED – Comunità Europea di Difesa fu un progetto nato nei primi anni ’50 per iniziativa francese per mettere in comune le strutture militari di difesa dei sei Stati che avevano già sottoscritto il trattato della CECA – Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. Il progetto fu bocciato nel 1954 dal voto contrario del parlamento francese per l’opposizione di gollisti e comunisti.
(3) Mario Albertini è stato il leader dei federalisti italiani dal 1965 fino alla sua morte nel 1997
(4) Il Gruppo Spinelli è attualmente composto da 76 parlamentari europei appartenenti a Popolari, Socialisti, Liberali, Verdi e Sinistra, il cui manifesto invoca la costituzione degli Stati Uniti d’Europa.
(5) Partiti Europei

Partito 

 Sigla Presidente  Tendenza 
Partito Popolare Europeo EPP Manfred Weber  Cristiano Popolari Centro Destra
Partito Socialista Europeo S&D Stefan Lofven  Socialisti – Centro Sinistra
Alleanza dei Liberali e Democratici Europei Renew Guy Verhofstadt

 Liberali

Conservatori e Riformisti Europei

ECR

Ryszard Legutko e
Nicola Procaccini

Conservatori - Destra

I Verdi – Alleanza libera europea

Greens

Terry Reintke e
Philippe Lamberts

Ambientalisti

Partito della Sinistra Europea

GUE/NGL Walter Baier Sinistra radicale

Partito Identità e Democrazia

ID Marco Zanni Nazionalisti - Destra radicale
Autore
Piergiorgio Grossi
Author: Piergiorgio Grossi
Bio
Piergiorgio Grossi, genovese, liceo classico, laureato in ingegneria meccanica siderurgica, è stato dirigente commerciale presso l’ILVA nelle sedi di Genova e Milano. Oggi è in pensione. Federalista europeo fin dal liceo, è stato promotore del comitato ligure per il “Reddito minimo garantito “. Attualmente è segretario regionale ligure del MFE.
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