Da poco più di un mese il Forum di dibattito tra iscritti e simpatizzanti del Movimento Federalista Europeo ha un nuovo indirizzo <forum@mfe2.it>. Forse per il cambio di indirizzo o più probabilmente per il momento storico che sta vivendo l’Europa (Brexit e Next Generation EU), il Forum ha iniziato ad ospitare dibattiti cui hanno dato il loro contributo militanti e intellettuali di valore.
Ci è sembrato interessante un recente scambio di mail che ha riguardato il tema del nazionalismo e della differenza tra federalismo e confederalismo. Ne riproponiamo qui un “collage” degli interventi più significativi, scusandoci con coloro che hanno contribuito al dibattito ma che, per problemi di spazio, non sono stati citati.
Compilazione a cura di Piergiorgio Grossi di interventi comparsi sul Forum MFE dal 24 dicembre 2020 all’11 gennaio 2021 cui hanno partecipato (in ordine di apparizione) Renzo Rubele, Flavio Brugnoli, Paolo Ponzano, Alessandro Cavalli, Nicola Vallinoto, Lucio Levi, Antonella Braga, Piero Graglia, Anne Parry, Antonio Longo (l'articolo può essere scaricato integralmente in formato pdf).
Il tutto cominciò con uno scambio di battute tra Renzo Rubele, che si firma Renzino l’Europeo, e Flavio Brugnoli il 24 dicembre 2020. L’argomento era la Brexit.
Renzino l’europeo: Mentre si scrutinano i dettagli dell'accordo raggiunto fra UE e UK, i quali saranno ovviamente oggetto di discussioni e commenti per i mesi a venire, rimangono in rilievo i punti più "politici" e "retorici" del processo di uscita dall'Unione oggi finalizzato. Boris può certamente ripetere ad alta voce che l'obiettivo di riacquistare la propria Sovranità è stato raggiunto, e Nigel Farage gli fa eco: "La Guerra è finita". Appare evidente che quel Popolo Fiero e Orgoglioso, che già insegnò a tutto il mondo che cosa fosse la Libertà, intesa in senso moderno, vuole ancor oggi ergersi a guida morale del Concerto delle Nazioni, riaffermando la triade di valori post-1989: "Libertà, Autonomia", "Indipendenza".
Flavio Brugnoli: Ma neanche a Natale riesci a risparmiarci questa cartapesta nazionalista da Istituto Luce? Dai Renzo, dagli anglosassoni prendi anche un po’ di ironia e senso del ridicolo.
Paolo Ponzano:
Per quanto riguarda la vulgata ripetitiva che gli inglesi avrebbero insegnato la libertà agli altri popoli, Renzino farebbe bene a chiedere il parere dei pronipoti di Braveheart, di Michael Collins, di De Valera ed altri scozzesi e irlandesi che ancora piangono i loro antenati "liberati" dagli inglesi (nonché del regista Ken Loach autore, tra l'altro, del film "Il vento accarezza l'erba").
Alessandro Cavalli interviene nel dibattito:
Devo dire che non avevo nessuna voglia di intervenire nel dibattito che si è acceso sul Forum intorno alle tesi di Renzino l’Europeo. Anch’io non le condivido, ma credo che i federalisti farebbero bene a discuterle seriamente prima di etichettarle come “nazionaliste”. Sono anch’io convinto che le “nazioni” come collettività meta-storiche non esistano, sono fenomeni storici che hanno avuto un inizio ben preciso nella Rivoluzione Francese e sono con ogni probabilità destinate a scomparire più o meno lentamente con la globalizzazione, ovvero con la Rivoluzione Telematica. Le “nazioni” sono fenomeni ideologici costruiti per legittimare un nuovo tipo di stato, lo stato nazionale, comparso nella storia a cavallo tra i secoli xviii e xix. Poi Napoleone ha diffuso il contagio quasi dovunque in Europa e, successivamente, l’epidemia si è diffusa in quasi tutto il mondo.
Il fatto che siano fenomeni ideologici non vuol dire che non siano dei “fatti”, che degli esseri umani abbiano delle credenze è un fatto, altrettanto reale della credenza degli antichi (e anche dei papi al tempo di Galileo) che il sole girasse, in base alle apparenze, intorno alla terra. Così è un fatto, empiricamente verificabile, che molti esseri umani credono nell’esistenza delle nazioni (così come molti credono nell’esistenza di Dio anche se nessuno finora ha saputo dimostrarlo empiricamente).
Le credenze nascono e si sviluppano quando rispondono a una domanda, a un’esigenza. Il potere politico ha bisogno di legittimazione. Le aristocrazie e le monarchie hanno governato per grazia di Dio, ma a un certo punto la gente (in realtà la borghesia ricca e colta) si è ribellata, non ha più creduto nelle leggende che giustificavano il potere in base al sangue e alla discendenza dinastica. Bisognava trovare altre leggende per giustificare il nuovo potere, il re di Sardegna e così tutti gli altri governanti, ha incominciato a governare “per grazia di Dio e volontà della nazione”. A un certo punto, con le idee della democrazia, è scomparsa la grazia di Dio ed è rimasta la volontà della nazione. L’idea di nazione è strettamente legata all’idea del governo del popolo e per il popolo, cioè alla democrazia. Giustamente è stato richiamato Mazzini che era ad un tempo nazionalista, europeista e mondialista, ma allora non aveva ancora visto la contraddizione tra lo stato nazionale sovrano e la democrazia. Dopo le due guerre mondiali, almeno in Europa, l’idea dello stato nazionale ha mostrato tutti i suoi lati negativi ed è evidente che è una forma di stato che deve essere, e probabilmente sarà, superata. In certe parti d’Europa l’ideologia nazionale è servita per sopravvivere al giogo imperiale dell’URSS e quindi si spiega come nell’Est resista più a lungo. Anche in Inghilterra (non nel Regno Unito) resiste perché è nostalgicamente legata all'idea imperiale. Però due secoli di combinazione tra nazione e democrazia non si cancellano facilmente, perché non si possono cancellare due secoli di storia, così come non si cancellano gli stati nazionali, ma bisogna superarli, ridimensionarli, farli diventare stati membri di una forma di statualità nuova, legando la democrazia a istituzioni sovranazionali. Ma queste istituzioni stentano ad affermarsi e nei periodi di crisi la gente impaurita si rifugia sotto l’ombrello che esiste, cioè lo stato nazionale, e non sotto l’ombrello che non c’è ancora. Quando gli stati nazionali verranno ridimensionati, l’idea di nazione avrà in parte esaurito la sua funzione, senza bisogno di celebrarne la morte, perché nel bene e nel male per un periodo non irrilevante si è combinata con l’idea di democrazia.
Nel bel mezzo di questa diatriba appare su Repubblica del 2 gennaio una lunga intervista del Direttore Maurizio Molinari al fondatore Eugenio Scalfari. Nella parte conclusiva della intervista si legge:
Dov'è oggi la sfida più avanzata del riformismo? "Rinnovare il nostro paese non basta più. Serve la Confederazione europea di cui parlava Altiero Spinelli. Tanto più che leader come il russo Vladimir Putin vogliono imporsi su scala globale, anche a spese dell'Europa. E propongono addirittura il superamento in chiave autoritaria della democrazia liberale, la considerano obsoleta». Come si può arrivare a un'Europa più integrata? «Anche e soprattutto attraverso la battaglia per il clima. Bisogna aiutare i Paesi
europei che sono bagnati dal mare o dai grandi fiumi perché sono quelli che rischiano di più a causa dei cambiamenti climatici. Sono i più deboli. C'è qui un ruolo per l'Europa: dare vita ad una grande confederazione partendo dalle coste più minacciate, dal Baltico fino al Mediterraneo».
Nicola Vallinoto reagisce alla inesattezza di Repubblica e, oltre a pubblicare una infografica nell’ambito della “Information campaign on Europe”, invita i federalisti a scrivere a Molinari per una rettifica e scrive:
L'editoriale del 2 gennaio di Repubblica riporta un passaggio in cui si attribuisce ad Altiero Spinelli la proposta di una Confederazione europea per rinnovare l'Italia. Siccome proprio in questi giorni Giorgia Meloni ha proposto il modello di una Confederazione europea in contrapposizione a quello di una federazione europea un giornale importante come la Repubblica non può mettere in circolazione questi svarioni. Invitiamo a scrivere al direttore di Repubblica chiedendo una rettifica.
L’invito di Vallinoto è raccolto fra gli altri da due studiosi come Lucio Levi e Antonella Braga
Replica di Lucio Levi, Professore di Scienze politiche, Università di Torino ed editore della rivista The Federalist Debate
Caro Dr. Molinari,
nell'intervista pubblicata ieri su la Repubblica leggo che Scalfari definisce "Confederazione europea" l'obiettivo politico di Spinelli. Come autore della voce "Confederazione" del Dizionario di politica dell'UTET, mi permetto di citare quanto largamente condiviso dal pensiero politico e accademico consolidato:
"Nelle associazioni tra Stati dotate di organi comuni ne esistono alcune (le federazioni) il cui funzionamento si fonda su una divisione dei poteri tra stati-membri e governo federale tale che ciascuno è nello stesso tempo indipendente e coordinato con gli altri… In particolare al governo federale sono attribuiti poteri esclusivi nei settori della politica estera ed economica… Ne esistono altre (le confederazioni) i cui organi centrali, essendo privi di un'autorità propria e mantenendo l'assoluta indipendenza degli stati associati, non rappresentano qualcosa di qualitativamente differente dalla somma degli stati-membri, e pertanto sono subordinati alla dinamica degli interessi degli stati senza poterla controllare... Nel sistema confederale, dove gli stati, non riconoscendo un potere superiore, mantengono la loro sovranità esclusiva, le spinte centrifughe degli stati membri tendono a prevalere su quelle centripete".
Poiché proprio in questi giorni Giorgia Meloni ha proposto il modello di una Confederazione europea in contrapposizione a quello della Federazione europea, proposto da Spinelli, sono sicuro che vorrà pubblicare una rettifica a beneficio dei lettori, che certamente non condividono le posizioni sovraniste di Fratelli d'Italia.
Replica di Antonella Braga, Fondazione Ernesto Rossi - Gaetano Salvemini, Firenze
Gentile direttore Molinari,
ho notato, nella sua intervista a Eugenio Scalfari del 2 gennaio scorso, un’errata citazione attribuita ad Altiero Spinelli che lo farebbe diventare fautore di una «Confederazione» europea. Spero si tratti solo di una svista perché l’errore non è solo formale, ma di sostanza.
Lo scopo di Spinelli fu sempre la creazione di una Federazione europea, ossia degli Stati Uniti d’Europa, non di un’imbelle Confederazione sul modello della vecchia Società delle Nazioni, così lucidamente criticata da Luigi Einaudi già all’atto della sua fondazione nel 1919. Occorre dunque un chiarimento.
Già nel Manifesto di Ventotene del 1941, Altiero Spinelli ed Ernesto Rossi scrivevano che «i molteplici problemi» che avvelenavano «la vita internazionale del continente» avrebbero trovato «nella Federazione Europea la più semplice soluzione». Nella successiva storia dell’integrazione europea, come ha osservato Tommaso Padoa Schioppa in Le forme dell’Europa: Spinelli o della Federazione (Genova, 2003), tre sono i diversi metodi che si sono confrontati: il metodo federalista (impersonato appunto da Spinelli), il metodo funzionalista (riconducibile a Jean Monnet) e quello intergovernativo-confederale (simboleggiato da Charles de Gaulle).
Ironicamente Ernesto Rossi affermava: «Federazione è l’arrosto; Confederazione è soltanto il fumo dell’arrosto». La Confederazione è, infatti, solo una lega, temporanea, di Stati sovrani, i quali conservano il diritto di veto e privilegiano i propri interessi egoistici. La Federazione è un’Unione stabile, dotata di quelle competenze (politica estera, difesa, moneta) che consentono di mantenere l’unità e di gestire gli interessi comuni. Per amministrare queste competenze, lo Stato federale è fornito di istituzioni democratiche con una giurisdizione diretta, anche fiscale, sui cittadini della Federazione e di un bicameralismo capace di rappresentare sia il popolo della Federazione come un tutto sia i singoli Stati membri. Nelle restanti competenze, tutti gli Stati aderenti alla Federazione restano invece autonomi, continuando a risolvere per proprio conto i loro particolari problemi. La Federazione consente così di garantire insieme unità, interdipendenza e autonomia, suddividendo la sovranità su diversi livelli di governo.
Va notato che solo per ragioni storiche la vicina Svizzera ha impropriamente conservato il precedente nome di «Confederazione». Poiché ne presenta tutte le caratteristiche, essa è un vero Stato federale a partire dalla Costituzione del 1848 e, da quella data, non ha più conosciuto guerre intestine fra i diversi Cantoni. Questa è anche la soluzione auspicabile per lo sviluppo istituzionale dell’Unione Europea, come lo fu per la Confederazione americana del 1781 che, sull’orlo della disgregazione, fu salvata dal varo della Costituzione federale nel 1789.
L'attuale Unione Europea presenta ancora alcuni elementi confederali (diritto di veto, metodo intergovernativo, prevalenza del Consiglio europeo) e altri già federali (Parlamento europeo, moneta unica, Corte di Giustizia). Si capisce quindi che l’on. Giorgia Meloni, nazionalista e sovranista, immagini per l’Europa una soluzione confederale che arresti ogni sviluppo in senso federale, mantenendo l’attuale impotenza dell’UE a tutto vantaggio degli Stati più forti. Chi, invece, auspica un progresso delle istituzioni comuni, ricollegandosi al pensiero di Spinelli e di Rossi, non può permettere che si mantenga l’annosa confusione fra Confederazione e Federazione. Nelle questioni politiche (e non solo) l’uso chiaro e univoco delle parole è fondamentale.
Potrebbe quindi cortesemente rettificare? Grazie! Non possiamo arrenderci alla sconsolante osservazione che fece a suo tempo Spinelli: per gli Europei, abituati da due secoli al modello esclusivo dello Stato-nazione, «limitazioni di sovranità e istituzioni federali» restano ancora concetti che vanno «al di là delle loro capacità d'intendere la politica».
Il 5 gennaio Renzo Rubele interviene definendo “Lacrime di Vallinoto” le reazioni dei federalisti alle inesattezze dell’articolo di Repubblica.
Ora che s'è battagliato per la rettifica, reputo utile tornare sulla questione concettuale, per riflettere ancora sulla Politica che ci sta dietro. In Matematica è più facile dare definizioni: abbiamo espunto i significati del linguaggio naturale proprio per questo. Possiamo ritenere, volendo, solo l'apparato simbolico, con la sintassi che abbiamo ad esso imposto nel nostro linguaggio formale. Cionondimeno, anche in Matematica talvolta si incontrano discordanze sulle definizioni, dovute ai diversi interessi di chi le pose, in un certo contesto teorico. Ma non è grave, si può rimediare. Al di fuori della Matematica, e allontanandosi dalle discipline scientifiche, dare definizioni è sempre un'operazione intellettuale complessa, tanto più se vogliamo riferirci a concetti astratti, carichi di teoria, e vissuti intensamente nella storia. E' normale, stiamo usando il linguaggio naturale, e le vicende umane hanno condizionato l'uso di concetti e parole. Se voglio dare una definizione di "democrazia", devo studiare parecchio, leggere il pensiero di molti altri studiosi e autori sullo stesso tema, di parecchi protagonisti della storia, "notabili" sull'argomento. Lo stesso per "liberalismo", "socialismo", e così via.
Ribadisco che l'uso ingessato e incartapecorito di concetti come "federazione" e "confederazione" risulta inadeguato e, direi, controproducente. E' anche per questo che - ritengo - a "Repubblica" non si sono dati da fare granché per implementare la rettifica, e delle pur notevoli lacrime versate da Nicola Vallinoto o da altri militanti del MFE non si sono curati per niente.
Nel vissuto delle persone che leggono e riflettono di cose politiche, i due concetti per i quali ci scaldiamo non appaiono così netti. Uno dei motivi è senz'altro dovuto al fatto che l'esperienza, il contatto con codesti termini, ricade nell'ambito del diritto privato nazionale, piuttosto che su quello del diritto pubblico internazionale. La "Confederazione Generale Italiana del Lavoro" è una Federazioni di Federazioni, e l'utilizzo del termine "confederazione" serve più che altro a marcare una differenza di "livello" rispetto alle federazioni affiliate. Il CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) è in effetti una Federazione di Federazioni Sportive, anche se non utilizza nessuno dei due termini controversi. In questo ambito (quello del diritto privato nazionale), ciò che conta è andarsi a leggere Statuti e Regolamenti, per vedere e capire caso per caso quali poteri e quali attribuzioni sono assegnati a tale e tale entità. Non parliamo poi di organi sociali e di metodi decisionali, che mostrano anch'essi una varietà pari alla fantasia degli Umani che li hanno fissati. Stando così le cose, il peso delle esperienze con i due concetti nel Diritto Pubblico Internazionale, dove esempi e casi concreti non abbondano, soprattutto nella mente del cittadino medio, ne condiziona la percezione e l'uso nel discorso contemporaneo: la stessa necessità di differenziarsi dalla Sorella d'Italia impone ai militanti più esagitati del MFE di riconoscere le caratteristiche federali dell'Unione Europea, onde evitare di doversi sovrapporre, anche semanticamente, al pensiero politico della futura Ducia d'Italia. E' certamente giusto chiedere che il pensiero e le parole di Spinelli siano riportate anche formalmente in modo corretto, ma ancor più importante è evitare di rimanere congelati agli anni '50, come un qualunque Padre Olivio di Radio Maria, nel dare descrizioni della realtà davanti ai nostri occhi, e nel ragionare di Politica contemporanea.
A mio avviso quei geni che redassero la Sentenza "Van Gend e Loos" del 1963 in cui la Corte Europea di Giustizia dichiarava che la Comunità Economica Europea costituiva un nuovo quadro giuridico "sui generis" - cioè del proprio genere - evitando riferimenti e definizioni obsolete e chiaramente inadeguate al caso sotto i loro (e i nostri) occhi, hanno contribuito più di qualunque dizionario enciclopedico alla comprensione dei concetti e delle parole che qui ci interessano. Qui riporto un breve estratto per chi non se la ricordasse:
"[...] In considerazione di tutte queste circostanze si deve concludere che la Comunità costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti, non soltanto gli Stati membri ma anche i loro cittadini.
Pertanto il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emananti dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi. Si deve ritenere che questi sussistano, non soltanto nei casi in cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche come contropartita di precisi obblighi imposti dal Trattato ai singoli, agli Stati membri o alle Istituzioni comunitarie. [...]"
Le richieste di Vallinoto hanno avuto udienza l’8 gennaio nelle pagine di Repubblica nella rubrica di Concita De Gregorio(*) che pubblica la seguente lettera:
Cara Concita De Gregorio,
avresti mai immaginato di vedere accomunati due personaggi tanto diversi come Altiero Spinelli, l'autore del Manifesto di Ventotene scritto nel 1941 nel pieno della Seconda Guerra Mondiale e di cui quest'anno ricorrono gli 80 anni, e Giorgia Meloni, la leader nazionalista dei Fratelli d'Italia ? Sembra impossibile vero? Se provi a leggere la parte finale della lunga intervista ad Eugenio Scalfari (Repubblica, 2 gennaio 2021) questo accostamento potrebbe, ahimè, diventare realtà. Tra le ultime domande si legge: Dov'è oggi la sfida più avanzata del riformismo? «Rinnovare il nostro paese non basta più. Serve la Confederazione europea di cui parlava Altiero Spinelli.» E poco dopo il concetto viene ribadito: «C'è qui un ruolo per l'Europa: dare vita ad una grande confederazione partendo dalle coste più minacciate, dal Baltico fino al Mediterraneo».
Altiero Spinelli ha sempre difeso lungo tutta la sua vita la scelta netta della Federazione europea ovvero degli Stati Uniti d'Europa in contrapposizione all'Europa confederale ovvero l'Europa intergovernativa. Il suo compagno di confino e coautore del Manifesto di Ventotene Ernesto Rossi affermava: «Federazione è l’arrosto; Confederazione è soltanto il fumo dell’arrosto». La Confederazione è, infatti, solo una lega, temporanea, di Stati sovrani, i quali conservano il diritto di veto e privilegiano i propri interessi egoistici. La Federazione è un’Unione stabile, dotata di quelle competenze (politica estera, difesa, moneta) che consentono di mantenere l’unità e di gestire gli interessi comuni. E' per questo motivo che Giorgia Meloni pochi giorni fa ha voluto ribadire, in una lettera pubblicata dal Corriere della Sera (28 dicembre 2020), che la sua visione di Europa è basata su un modello confederale alternativo al modello federalista. La parola d'ordine dei sovranisti è sempre la stessa: ciascuno deve essere padrone in casa propria. Almeno a parole: Brexit docet.
Unendo la visione di Europa della leader dei Fratelli d'Italia e la risposta sulla sfida più avanzata del riformismo, Altiero Spinelli e Giorgia Meloni si trovano uniti, loro malgrado, nella battaglia per la Confederazione europea. Sembra un paradosso ma non lo è: la scelta delle parole è importante. Le parole sono pietre. Dietro a ogni parola ci sono impegni, lotte, sacrifici, sofferenze, privazioni di libertà personali, anni di confino. Alcuni hanno dedicato tutta la vita a un progetto, a una idea, a un modello preciso che non può essere cambiato senza fare un torto a chi l'ha perseguito, alla storia e a chi legge e non conosce le biografie e le storie dei personaggi in questione.
(Nicola Vallinoto)
(*) https://invececoncita.blogautore.repubblica.it/articoli/2021/01/08/tradire-spinelli-e-hirschmann/
Tornando al Forum Anne Parry scrive a Rubele:
Non capisco in che senso l'uso ingessato e incartapecorito di concetti come "federazione" e "confederazione"' possa risultare 'inadeguato', mi sembra invece che avere le idee chiare sul tipo di Europa che vogliamo sia di fondamentale importanza. Se Renzino vuole suggerire un altro modo di riassumere i nostri ideali di un Europa forte coesa e solidale, senza più il potere di veto dei singoli stati, sarei contenta di sentirlo.
Renzo Rubele risponde
L'uso ingessato e incartapecorito di concetti come "federazione" e "confederazione" è inadeguato, nel senso che si tratta di termini di cui possiamo trovare alcune definizioni su vocabolari ed enciclopedie, ma che non possono cogliere la complessità delle situazioni reali ed interessanti per noi. Poiché questi due termini esistono nel vocabolario, ed hanno una lunga storia, non si può evitare che vengano utilizzati, e che posseggano una carica evocativa importante, nonché un ruolo, se vogliamo, didattico. Ma servono più che altro a fare lezione a scuola, in 4a e 5a Liceo. Noi dovremmo però utilizzare e propagandare altre idee, ed io ho già citato due pilastri del discorso che da lungo tempo sono piuttosto chiari a tutti, tranne forse che a qualche militante "pasdaran" del MFE:
1) in primis, la peculiarità della "natura" dell'UE, già individuata ed enunciata ai tempi della CEE da parte della Corte di Giustizia Europea, che nella famosa Sentenza "Van Gend e Loos" del 1963 dichiarava che la Comunità Economica Europea costituiva un nuovo quadro giuridico "sui generis" - cioè "del proprio genere". Qui l'estratto:
"[...] In considerazione di tutte queste circostanze si deve concludere che la Comunità costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere nel campo del diritto internazionale, a favore del quale gli Stati hanno rinunziato, anche se in settori limitati, ai loro poteri sovrani, ordinamento che riconosce come soggetti, non soltanto gli Stati membri ma anche i loro cittadini. Pertanto il diritto comunitario, indipendentemente dalle norme emananti dagli Stati membri, nello stesso modo in cui impone ai singoli degli obblighi, attribuisce loro dei diritti soggettivi. Si deve ritenere che questi sussistano, non soltanto nei casi in cui il Trattato espressamente li menziona, ma anche come contropartita di precisi obblighi imposti dal Trattato ai singoli, agli Stati membri o alle Istituzioni comunitarie. [...]"
2) il pensiero di una persona come Walter Hallstein, primo Presidente della Commissione Europea, nonché fine giurista. E tedesco, quindi persona con la testa sulle spalle (non un italiano che discute di bolle ideologiche). Hallstein scrisse nel 1969 un libro dal titolo "Europa, Stato Federale incompiuto". Non ho letto il libro, ma ho letto una sua intervista del 1965 in cui Hallstein parla dei Trattati di Roma e si sofferma poi sul ruolo della Commissione, con il quale concordo parola per parola:
"[...] Questo «Trattato-quadro», che stabilisce i principi di una serie di politiche attive, costituisce la base di istituzioni dotate di ampi poteri, statuisce diritti ed obblighi per i singoli cittadini come per le più alte autorità statali, non ha forse la natura - più che di una convenzione di diritto internazionale classico - di una costituzione di uno Stato moderno?
Nella mia qualità di cittadino di una Repubblica Federale, io non ho dubbi sulla natura di tale costituzione. In effetti, nel Trattato di Roma noi troviamo molti aspetti analoghi a quelli della costituzione di uno Stato federale: di uno Stato, il cui campo di attività è rappresentato appunto dai settori di attività pubblica contemplati dal Trattato."
In nessun passo di questo articolo è tirato in ballo il concetto di "confederazione", che - appunto - non c'azzecca. Colgo l'occasione per precisare un altro punto, che ho dato per scontato perché evidente dal discorso di Hallstein. L'idea di "Stato Federale" è ben diversa da quella di federazione, nel momento in cui, ovviamente, per dare vita ad una Stato Federale bisogna che gli Stati membri si spoglino delle caratteristiche più peculiari che qualificano la statualità (possiamo dire: il monopolio della forza, il controllo dell'ordine pubblico e della difesa esterna) e le attribuiscano alla federazione. Ma, da un punto di vista politico generale, un simile passo non è certo all'orizzonte, né sussistono le condizioni oggettive (sociali, umane) perché possa essere realizzato in tempi brevi. Servono tempi storici adeguati, che potremmo quantificare in 800-1200 anni giusto per non lasciare uno spazio vuoto nell'argomento. Ciò non significa, però, che non si possa usare, come ha ben fatto Hallstein, l'idea di federazione per descrivere importanti caratteristiche della CEE di allora come dell'UE di oggi.
Per chi fosse rimasto insoddisfatto da riferimenti "troppo datati" (benché sempre validi) in questa discussione, tipo quelli di Hallstein, possiamo analizzare alcuni frammenti della stessa questione nelle parole della Cancelliera Angela Merkel, come vengono in rilievo dalla intervista concessa ad alcuni quotidiani Europei lo scorso 26 giugno. In quella intervista, una domanda, e la relativa risposta, furono queste:
"[...] Il caso della decisione di Karlsruhe ha posto il dilemma con forza: il diritto europeo prevale su quello nazionale o viceversa?
Questo tema viene discusso da ben prima della sentenza della Corte Costituzionale Federale sulla Banca Centrale Europea. Non c’è dubbio: il diritto europeo prevale su quello nazionale, ma ciò non chiarisce dove inizi la zona di regolamentazione del diritto europeo. L’Unione Europea vive delle competenze che le vengono trasferite dagli Stati membri. Al confine tra la zona di regolamentazione nazionale e quella del diritto europeo possono crearsi degli attriti, perché il livello europeo definisce i confini in modo più ampio rispetto, ad esempio, al parlamento tedesco. Lo stiamo vedendo nel caso della BCE. Se la Corte Costituzionale ritiene che il confine sia stato superato, si rivolge alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea e richiede una verifica. In passato si è sempre trovato un accordo. Ora si è generato un conflitto. È nella natura delle cose perché, fintanto che tutte le competenze non saranno state trasferite alle istituzioni europee, e sicuramente ciò non accadrà, lo Stato nazionale potrà sempre rivendicare delle competenze. [...]"
Il 10 gennaio arriva sul Forum l’intervento di Paolo Ponzano
Finalmente ("une fois n'est pas coutume", come direbbero i francesi), un contributo utile da parte del nostro Renzino detto l'europeo (se facciamo eccezione dai suoi riferimenti ai discorsi cosiddetti involuti del MFE che non passano, una sua opinione personale che rimane apodittica e non provata). Le competenze dell'UE e, di conseguenza, l'estensione del primato del diritto europeo sul diritto nazionale sono determinate dai Trattati in vigore e dalla legislazione europea adottata dalle Istituzioni europee sulla base degli stessi Trattati. Per fare un solo esempio, l'UE non ha competenza sul diritto di sciopero né sulla legislazione relativa all'aborto, ragion per cui gli Stati sono liberi di adottare legislazioni diverse in queste materie (purché beninteso tali legislazioni non entrino in conflitto con altri principi del diritto europeo quali, ad esempio, la libera prestazione dei servizi: vedi sentenza LAVAL ed altre nel caso di conflitto possibile tra diritto di sciopero e libera prestazione dei servizi). Affinché la legislazione europea sia applicata correttamente e in maniera uniforme in tutti i paesi, non è possibile dare alle singole Corti Costituzionali nazionali la libertà d'interpretare a loro piacimento le leggi europee : spetta alla Corte europea di Giustizia interpretare i limiti del diritto europeo vigente (e non di conseguenza alla Corte Costituzionale tedesca : peraltro le sentenze di quest'ultima si sono spesso contraddette tra la sentenza Solange I, la Solange II e la sentenza del 30 Giugno 2009 sul Trattato di Lisbona . Quest'ultima è stata definita dal giurista tedesco Dott. Meyer: "Rashomon in Karlsruhe" proprio per sottolineare le contraddizioni insite in questa sentenza). Evito di approfondire il punto. Quello che dovremmo concludere è che qui stiamo parlando del potere costituito, cioè della legislazione vigente. L'Unione europea non è un'unione federale, anche se dispone di alcuni elementi delle Unioni federali quale appunto il primato del diritto europeo e Istituzioni che deliberano in molti casi sulla base della regola maggioritaria. Non bisogna confondere un'Unione federale di Stati con uno Stato federale (il Prof. Sergio Fabbrini ha scritto numerosi libri e articoli in proposito). Del resto lo stesso Jacques Delors ha parlato di "Federazione di Stati-nazione" e non di Stato federale. Nulla vieta, come è dimostrato dalla storia, che una Confederazione di Stati sovrani evolva e si trasformi in una Federazione (sia in un'unione federale di Stati che in uno Stato federale). Le due Confederazioni americana e svizzera sono diventate Federazioni rispettivamente nel 1789 e nel 1848 (pur chiamandosi in modo diverso). Allo stesso modo uno Stato unitario può evolvere e trasformarsi in uno Stato federale (basti pensare al caso recente del Belgio). Queste modifiche sono all'ordine del giorno della Storia e non devono certamente aspettare né 800 né 1200 anni. Per questo non bisogna confondere il potere costituito dal potere costituente che permette ad ogni comunità di popoli di modificare il suo assetto costituzionale in qualunque momento storico senza altri limiti che quelli derivanti dalla volontà dei suoi individui e dalla delibera dei suoi organi costituzionali liberamente scelti.
Replica di Renzo Rubele
Paolo ha scritto: Queste modifiche sono all'ordine del giorno della Storia e non devono certamente aspettare né 800 né 1200 anni.
Non c'è all'Ordine del Giorno della Storia nessuna fondazione di uno Stato Federale Europeo. Nessun Popolo Europeo - e non dico quello Polacco o Ungherese, ma nemmeno quello Francese, Tedesco e Italiano, ha in animo di rinunciare al proprio Stato per farne uno Europeo.
La stima sui generis di 800-1200 anni risponde solo all'esigenza di non lasciare uno spazio vuoto nel discorso, giacché non reputo di avere la sfera di cristallo per predire il futuro, soprattutto su tempi storici lunghi. Per un politico esperto e saggio come Angela Merkel è necessaria ovviamente maggiore chiarezza, una chiarezza tranciante, che non lasci dubbi sia sull'adesione e sul sostegno all'attuale Sistema federale dell'UE, sia sul rigetto di ipotesi filosofiche fantastiche circa gli "Stati Uniti d'Europa", che non hanno il benché minimo consenso politico.
All'Ordine del Giorno della Storia potranno esserci altri Poteri Costituenti, eventualmente. Tipo quello richiesto dal Popolo Scozzese tramite il proprio Governo Nazionale, o quello più controverso del Popolo Catalano, fresco di vertenze dure e inascoltate con il Potere Spagnolista. Senza dimenticare gli altri capitoli aperti - per rimanere dentro l'UE ricordiamo la questione fiamminga, quella bavarese o le velleità autonomistiche del Popolo Veneto, delle Genti Lombarde, Emiliane e Romagnole.
Nel periodo in cui sono stato al mondo, ho potuto assistere ad una sola "unificazione": quella del Popolo Tedesco che ha fatto di due Stati uno solo, sfruttando quel tornante della Storia che è stato il 1989. Per il resto ho visto solo divisioni e separazioni, in primis quella dell'Unione Sovietica e della Cecoslovacchia, per non parlare della drammatica fine della Yugoslavia, che ha, da sola, impresso nella mente delle Genti un grande, chiaro, imperativo: mai più Stati Federali in Europa, visti come Usurpazione della Libertà dei Popoli. Ho visto pure la fine dello Stato unitario belga, di cui posso dire di conoscere un po' più da vicino le ragioni, vivendoci da diversi anni.
Quindi l'assenza dall'OdG della Storia di uno Stato Federale Europeo dipende dall'assoluta mancanza di base socio-politica per una simile prospettiva, tanto complessa quanto indesiderata. Curiamo e difendiamo quella magnifica Federazione Europea che abbiamo, prodotto unico eppur fragile della volontà di diverse generazioni di cittadini, politici e attivisti, che ci sta aiutando a vivere questi difficili tornanti della Storia in modo più pacifico e stabile.
11 gennaio – Antonio Longo
Fa piacere che un simile dibattito si svolga su questo Forum, che alcuni hanno sempre considerato erroneamente di serie B, rispetto a quello del comitato federale.
La differenza tra Unione federale e stato federale è stata ricordata dal prof. Fabbrini in un Ufficio del dibattito federalista di Firenze di 4-5 anni fa. Sull’ultimo numero de L’Unità Europea (n.6/2020) c’è una bella sintesi di una lecture di Fabbrini sul tema, con una nota a cura di Luca Bonofiglio.
Si dice che l’Ue non sia un’unione federale, anche se ne dispone di alcuni elementi, tra questi il meccanismo decisionale a maggioranza in molti casi. Il fatto è che dopo Lisbona la codecisione legislativa Parlamento/Consiglio copre la stragrande maggioranza delle materie di competenza dell’Unione (tra quelle esclusive e le concorrenti) e non sono di poco conto quanto alla vita di tutti i giorni dei cittadini. Si potrebbero allora rovesciare i termini del discorso, dicendo che l’UE è un’Unione federale, salvo i casi in cui si prevede ancora la decisione unanime nel Consiglio.
Il processo politico reale (che determina alla fine anche quello normativo) ha mostrato nel corso del 2020 (Recovery Plan) un forte attacco alle sacche di resistenza del voto unanime nel Consiglio, sui temi della fiscalità. Si è visto che il principio federale tende ad ampliare la sua orbita d’intervento ogniqualvolta si manifesta una contraddizione tra la necessità di rispondere ad un problema (crisi grave) e gli strumenti istituzionali di cui si dispone.
Temi quali l’emissione di debito comune, il ricorso a risorse proprie dell’Unione, a garanzia del debito, hanno già spinto e spingeranno l’Unione verso un’estensione del potere federale di fatto.
È la dimostrazione della correttezza dell’analisi di Hallstein circa la “natura”implicitamente federale della costruzione comunitaria.
11 gennaio – Piero Graglia
Caro Rubele,
guarda che nei sistemi federali gli stati membri mantengono sempre alcune competenze. Uno Stato federale non gestisce tutte le competenze, come tu sembri voler affermare quando dici “La UE non è, e non sarà mai, uno Stato federale, nel momento in cui lo Stato nazionale non intende rinunciare ad un certo numero di competenze”. Gli Stati federati, nell’esperienza storica corrente, mantengono determinate competenze e perdono il controllo della moneta, la difesa, la politica estera, la politica economica e commerciale (e la definizione dei diritti fondamentali, o habeas corpus). Ma l’ordinamento scolastico, il diritto penale e parecchie altre cose sono diversi da stato a stato. E così pure la tassazione locale, che differisce da stato a stato. Io abitavo in Maryland e andavo a comprare le sigarette in Virginia (attraversavo un ponte), perché costavano meno. È solo un esempio.
A me sembra che non hai chiaro, con la tua formazione di fisico, sicuramente ottimo fisico, cosa sia nella pratica reale un sistema federale. Sul campo, intendo. Ma anche in teoria. Sostieni le tue posizioni con le tue maiuscole ma senza una reale competenza giuridica o politologica, che ovviamente disprezzi perché si tratta di nominalismo. Guarda che la definizione precisa e la terminologia accurata non sono patrimonio solo delle scienze dure ed esatte, ma anche del costituzionalismo. Federazione è una cosa, confederazione un’altra. E posseggo una delle poche copie italiane di Europa, federazione incompiuta scritto da Hallstein in anni in cui dominava il principio e l’idea dello spill over effect, grazie agli studi di Haas negli Stati Uniti. Oggi Hallstein non riconoscerebbe certo quella realtà che lui definiva incompiuta; forse la considererebbe sbilanciata sul versante economico, ma quasi certamente continuerebbe a dire che si tratta di una federazione incompiuta. Non certo una confederazione.
Sul tertium genus del diritto rappresentato dalle Comunità, sono d’accordo: si tratta di una novità immediatamente percepita, dalla Van Geld en Loos, dalla Costa vs. ENEL e da altre successive sentenze. Ma nessun giurista o specialista del diritto dell’Unione abbandona mai il quadro interpretativo che usa categorie, forse vecchie, ma utili, come federalismo, confederalismo, unionismo, per descrivere ciò che mantiene elementi dell’uno e dell’altro sistema.
Vedo una volta alla settimana Fausto Pocar, emerito nel mio dipartimento, e frequento Marta Cartabia spesso per convegni: ebbene, ti assicuro che la questione federazione vs. confederazione nel caso dell’UE è molto meno ininfluente di quanto tu possa pensare. Anzi, Pensare.
11 gennaio Renzo Rubele
Il 11/01/2021 00:12, Piero Graglia ha scritto:
Uno Stato federale non gestisce tutte le competenze, come tu sembri voler affermare quando dici “La UE non è, e non sarà mai, uno Stato federale, nel momento in cui lo Stato nazionale non intende rinunciare ad un certo numero di competenze”.
Un primo punto filologico: ho scritto questa frase nel contesto della descrizione del pensiero di Angela Merkel come reso nell'intervista alla "Stampa" e ad altri quotidiani Europei citata nel precedente messaggio, e più precisamente di questa proposizione: "[...] È nella natura delle cose perché, fintanto che tutte le competenze non saranno state trasferite alle istituzioni europee, e sicuramente ciò non accadrà, lo Stato nazionale potrà sempre rivendicare delle competenze".
Riformulando secondo il mio preciso pensiero (che comunque non dubito sia identico, concettualmente, con quello della Merkel), questo concetto andrebbe espresso così: «La UE non è, e non sarà presumibilmente per i prossimi 800-1200 anni, uno Stato federale, nel momento in cui gli Stati Membri non intendono rinunciare ad un certo numero di competenze, e in particolare a quelle che caratterizzano la "statualità" come tale». In questa frase, l'accento (concettuale) della locuzione "Stato federale" deve essere posto sul sostantivo ("Stato") piuttosto che sull'aggettivo ("federale"). Vediamo più precisamente. Consideriamo l'altra proposizione di Angela Merkel già citata: "L’Unione Europea vive delle competenze che le vengono trasferite dagli Stati membri". Il "Guardian" l'aveva proposta così, in Inglese: "The essence of the European Union lies in the member states transferring powers", e la Süddeutsche Zeitung così: "Die Europäischen Union lebt davon, dass die Mitgliedsstaaten Kompetenzen übertragen".
Non c'è dubbio, quindi, che per la Merkel, come per me, l'essenza del federalismo stia nel trasferimento di competenze ("poteri") dai membri federati al livello federale. La mia constatazione politica (sostanzialmente identica a quella della Merkel) è quindi, in definitiva, un giudizio sulla indisponibilità degli Stati Membri a compiere una trasformazione della natura dell'UE da (A) Comunità Politica organizzata secondo un modello i cui tratti più salienti sono federali [cfr. Hallstein], a (B) Stato federale.
Cosa distingue, sostanzialmente, (A) da (B)? Evidentemente, il passaggio delle competenze che caratterizzano la "statualità" dai Membri alla Federazione. Non sto dicendo, e non ho mai pensato, caro Piero, che per passare da (A) a (B) essi debbano trasferite *tutte* le competenze. Questo farebbe dello Stato federale risultante, piuttosto, uno Stato unitario.
Voglio anche dire che è molto difficile per chiunque - per me, per te, come per Fausto Pocar e Marta Cartabia - avere in mano una teoria "precisa" del passaggio da (A) a (B). Questo perché non siamo in Matematica. Non fare Matematica ma Politica dovrebbe essere una rivendicazione primaria di tutti i luminari come te, caro Piero. Senza cercare di scimmiottare la Matematica, una simile rivendicazione porta con sé anche la pazienza di accettare che pure un modesto fisico come me possa avere qualcosa da dire sull'argomento. E' una fatica aggiuntiva, ma degna di essere sopportata.
11 gennaio Piero Graglia
Caro Renzo,
allora devi metterti d’accordo con te stesso.
Visto che ogni stato federale ripartisce le competenze tra federazione (centro politico per alcune competenze) e stati federati (centri politici per altre competenze), mi spieghi perché insisti su questa cosa che stato federale non è federazione? Si tratta di una distinzione che non ha senso. Federazione e stato federale sono sinonimi. Gli Stati Uniti d’America sono una federazione ma sono anche uno stato federale.
Alla fine, ciò che irritava la Thatcher era che quel mercato unico, tanto utile, volesse erodere competenze che lei reputava non cedibili. E la stessa cosa si potrebbe oggi dire sia per la Francia, sia per l’Italia, sia per praticamente tutti gli Stati che compongono l’Unione.
Nessuno - o pochi, vogliono una politica estera europea, una difesa europea, con parallelo arretramento della potestà sovrana degli stati membri.
Questo porta a un ibrido: una Unione che presenta molti elementi federali e mantiene ancora però competenze, per loro natura sovranazionali nella gestione, nella competenza dei Paesi membri.
Siamo a metà del guado, e ci siamo almeno da Nizza (2000), con l’approvazione della Carta dei diritti dell’UE che rappresentò un importante passo avanti di tipo “federale” e ancora più con la nascita dell’euro, altro elemento potentemente federale.
In questo senso la distinzione federale/confederale acquista un senso e una utilità, al di là del nominalismo: perché rappresenta contenuti e descrive rapporti politico-istituzionali tra centro politico sovranazionale e centro politico europeo.
Io sono d’accordo con la Merkel, quindi dovrei essere d’accordo con te, che dici di essere d’accordo con lei; ma evidentemente c’è qualcosa che evolve continuamente nelle tue posizioni e che non rende facile la condivisione.
11 gennaio – Paolo Ponzano
Cari amici,
intervengo per l'ultima volta (la pazienza ha un limite) sul problema delle competenze dell'UE e sulla trasformazione della stessa in un'unione federale di Stati (e non, come cerca di accreditare Renzo Rubele per avere un miglior bersaglio da contestare, in uno Stato federale). Come ha ricordato anche Antonio Longo, la differenza tra le due figure costituzionali è stata spiegata chiaramente dal Prof. Sergio Fabbrini nei suoi libri e articoli e anche in un Ufficio del dibattito di 4 anni fa. Solo chi non ha letto i testi di Fabbrini o, avendoli letti, non li ha capiti, può fare confusione tra le due figure. In un'unione federale di Stati, questi ultimi non cessano di esistere ma continuano ad esercitare le competenze che non hanno trasferito alla Federazione o unione federale. Come ha ricordato anche Piero Graglia, la California, il Wisconsin e gli altri Stati della Federazione americana non solo non sono scomparsi ma continuano per esempio ad applicare una tassazione differenziata dei beni di consumo poiché non hanno trasferito alla Federazione la competenza fiscale. Lo Stato federale, invece, è un nuovo Stato che si sostituisce agli Stati preesistenti. Nessun federalista serio pensa che l'Unione europea possa essere rimpiazzata in un periodo ragionevole di tempo da un nuovo Stato federale che riduca gli Stati nazionali al rango di cantoni svizzeri o ad entità puramente amministrative. Allo stesso modo, poiché i federalisti vedono la Federazione europea come un passo intermedio verso una futura Federazione mondiale, nessun federalista serio pensa che la futura Federazione mondiale possa essere uno Stato federale ! Questa precisione, già contenuta nel mio precedente messaggio (che si riferiva infatti a fortiori all'idea di Jacques Delors di una "Federazione di Stati-nazione") annulla come infondate tutte le contestazioni di Renzo Rubele sullo Stato federale che rimpiazzerebbe gli Stati nazionali. "Il n'en est pas question" direbbe Delors e altri con lui. Per quanto riguarda la differenza tra l'UE attuale e un'unione federale di Stati, ritengo che benché l'UE abbia degli elementi federali, non basterebbe applicare il voto a maggioranza per diventare un'unione federale. A mio modesto parere, occorrerebbero alcuni elementi supplementari : 1) un testo di natura costituzionale che precisasse in modo inequivocabile le competenze dell'Unione federale e che attribuisse ad una "Corte Costituzionale europea" la competenza esclusiva di interpretarle ad esclusione di ogni intervento delle Corti nazionali (tedesca o altre); 2) una struttura di governo che decidesse a maggioranza e che ricevesse la fiducia di una Camera bassa eletta a suffragio universale e di una Camera degli Stati federati che consenta una rappresentanza adeguata degli Stati meno popolati (vedi Stati federati USA o Lander tedeschi); 3) una composizione del PE e una legge elettorale che ne consentisse la rappresentanza effettiva dei cittadini europei e non soltanto della propria circoscrizione elettorale nazionale; 4) l'attribuzione all'unione federale di una capacità fiscale autonoma (e non condizionata all'armonizzazione preventiva delle disposizioni fiscali nazionali) per i beni pubblici considerati europei (disposizione non difficile da attuare visto che il Trattato CECA ratificato dagli Stati membri fino all'anno 2000 prevedeva un prelievo fiscale autonomo dell'Alta Autorità sulla produzione di carbone e acciaio); 5) una disposizione di natura costituzionale che permettesse la sospensione temporanea di uno Stato che non rispettasse i valori fondamentali dell'Unione (disposizione che esiste nella Carta dell'ONU e nello Statuto del Consiglio d'Europa). Con questi elementi, l'attuale UE diverrebbe a mio parere una vera e propria "unione federale".