di Salvatore Sinagra
Ad un incontro organizzato da Nomisma a Bologna il governatore di Bankitalia ha fatto due affermazioni importanti: ha detto che l’Unione Europea ha la necessità di acquisire una dimensione politica ed ha aggiunto che i progressi tecnologici che si stanno registrando in questi anni nel breve periodo avranno ricadute negative sull’occupazione che devono essere gestite. Sul versante politico Visco non parla di particolari, ma esprime una visione. L’architettura istituzionale dell’Unione Europea a suo parere non consente di rispondere alle sfide della globalizzazione.
Si noti che già prima dell’intervento all’incontro di Nomisma il governatore aveva affermato che vi è la necessità di un’unione più politica ed in un certo senso aveva criticato il suo predecessore Draghi considerando i tempi del rapporto dei cinque presidenti troppo lunghi(1). Visco è un economista, un tecnico, tuttavia dice che per salvare l’Europa non servono interventi economici architettati con perfezione nei dettagli, ma un’iniziativa politica; come molti altri economisti afferma che occorre arrivare ad un governo capace di esprimere una strategia di lungo periodo e correggere gli squilibri macroeconomici.
Visco ha pienamente ragione: non importa perdere tempo a pensare agli strumenti in assoluto migliori dal punto di vista economico; sia perché gli stessi economisti affermano che non c’è una sola ricetta possibile per l’area euro(2), sia perché storie come quella del New Deal americano ci insegnano che solo l’esperienza ci può dire quali scelte di dettaglio sono le più appropriate(3). Negli anni trenta Roosevelt non salvò gli Stati Uniti con ricette perfette, ma affermando due principi: la solidarietà tra i cittadini e la necessità di politiche di investimento anticicliche. Misure quali il sistema di assicurazione federale contro la disoccupazione nei dettagli furono perfezionate nei decenni successivi. In sostanza Visco, come tanti altri economisti, velatamente invita i politici a smetterla di nascondersi dietro i tecnici.
Segnatamente all’economia afferma che siamo di fronte ad una nuova svolta: le grandi accelerazioni tecnologiche nel lungo periodo portano crescita ed occupazione, ma nel breve bruciano posti di lavoro. In questi ultimi anni hanno affrontato il tema della nuova rivoluzione industriale Barack Obama e Papa Francesco(4), il primo ha garantito che gli Stati Uniti grazie ad investimenti pubblici e privati saranno i protagonisti di questa nuova fase economica e tecnologica, il secondo ha molte volte affermato che non si può bloccare il progresso tecnologico ma ha altrettanto spesso invitato a non sostituire l’uomo con le macchine.
I politici europei sembrano meno interessati al tema, sicuramente perché immersi nella logica dell’emergenza e forse anche perché né la stampa, né gli economisti, né gli intellettuali in Europa sembrano particolarmente interessati ai salti tecnologici.
Negli Stati Uniti sta sorgendo una vera e propria letteratura della rivoluzione tecnologica. Se da una parte l’anticapitalista Paul Mason nel suo PostCapitalism prevede che le nuove tecnologie incrineranno il capitalismo perché renderanno disponibili a bassissimi costi le preziosissime informazioni su cui si fonda la ricchezza delle imprese, dall’altro due imprenditori della Silicon Valley, Martin Ford autore di Rise of robots e Jerry Kaplan autore di Humans need not to apply, sottolineano che questa “fiammata tecnologica” non solo farà perdere posti di lavoro come le precedenti, ma metterà a rischio anche la posizione dei lavoratori più qualificati, quindi occorre introdurre un reddito minimo universale.
Altri ancora sperano che i robot potranno garantire l’assistenza anche agli anziani che non possono permettersi di pagare qualcuno che svolga un lavoro di cura o prevedono daranno più tempo libero per il volontariato, inoltre qualcuno spera che una rivoluzione verde possa essere la soluzione al cambiamento climatico. Il sociologo britannico John Lanchester non solo spiega che il mondo potrebbe cadere nelle mani dell’1% che possiede le macchine, ma sintetizza bene tutte le posizioni quando afferma che la rivoluzione in corso è qualcosa di assolutamente nuovo che non ha precedenti e non esiste un modello economico da applicare per prevedere i suoi possibili esisti(5).
Le evoluzioni tecnologiche oggi stanno producendo un’incertezza che la politica dovrà gestire.
Ritorniamo quindi alle due posizioni di Ignazio Visco, la necessità di un’Europa politica e la necessità di una politica per gestire la grande transizione tecnologica, che si saldano nell’inevitabilità di un governo europeo (più realisticamente dell’area euro) che possa stravolgere il piano Juncker e varare un sistema minimo di ammortizzatori sociali europei.
Gli Stati Uniti sono sopravvissuti alle loro fragilità e a tanti terremoti finanziari perché hanno saputo cavalcare prima tramite i colossi del personal computer la rivoluzione informatica e poi con Google, Facebook ed altri attori globali la rivoluzione di Internet. Le piccole patrie europee hanno perso il treno delle ultime rivoluzioni tecnologiche e non sembrano in grado di prendere il treno di quella attuale, la rivoluzione dell’automazione, della digitalizzazione e del machine2machine. Non è un caso che nessun politico europeo abbia come Obama affermato che la prossima rivoluzione avverrà nel suo paese.
Solo un governo federale europeo ci può portare fuori dalla logica dell’emergenza con un approccio organico ai problemi della contemporaneità.
(1) R. BOCCIARELLI, Ignazio Visco “l’Europa è forte solo se unita”. Ilsole24ore, 15 Novembre 2015http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-11-15/ignazio-visco-l-europa-e-forte-solo-se-unita-081432.shtml?uuid=ACwW9XaB&refresh_ce=1
(2) L. ZINGALES, Che c’entra un’assicurazione contro la disoccupazione con la sostenibilità dell’euro? Europa Si o No, 3/07/2014: “Ovviamente ci sono tante forme di redistribuzione fiscale. Ma la più semplice, la più rapida e la più efficace è sicuramente un’assicurazione federale contro la disoccupazione. Di qui il motivo per cui una sua introduzione renderebbe l’euro più sostenibile”
(3) D. MORO, Per un sistema federale europeo di assicurazione contro la disoccupazione: note preliminari. Pag . 1: “non si tratta di introdurre fin da subito un sistema di assicurazione contro la disoccupazione, ma di rispondere alla crescente domanda di sicurezza sociale da parte dei cittadini europei in quanto tali” e pag. 12: “Quando Roosevelt ha proposto l’approvazione del Social Security Act non si è posto il problema di introdurre uni strumento di stabilizzazione del ciclo economico o di gestione degli shock asimmetrici, temi oggetto di dibattito di politica economica nei decenni successivi”.
(4) FRANCESCO, Laudato sì, paragrafo 43
(5) J. LANCHESTER, Il capitalismo dei Robot, London Review of Books. Tradotto in Italiano dall’Internazionale, 27 marzo 2015