Il discorso di insediamento al Senato di Giuseppe Conte non scioglie i dubbi sulla realizzabilità del programma di governo firmato dal M5S e dalla Lega e sul ruolo che avrà il presidente del consiglio in mezzo ai due azionisti di maggioranza: Luigi Di Maio e Matteo Salvini.
Il discorso, durato oltre un’ora, è stato molto generico e non ha riportato alcun riferimento ai valori antifascisti della Resistenza, grazie alla quale è nata la nostra Repubblica, né al significato storico della nostra partecipazione all’Unione europea, quale strumento di pacificazione del nostro continente.
Su questi due temi sono intervenuti nel dibattito sulla fiducia al governo la senatrice a vita Luciana Segre, sopravvissuta all’olocausto, che ha ricordato le “migliaia di italiani appartenenti alla piccola minoranza ebraica che vennero espulsi e umiliati dalle scuole, dalla pubblica amministrazione e dalla società italiana durante il ventennio fascista” ed Emma Bonino che ha ricordato il lavoro con Altiero Spinelli e l’importanza del progetto europeo.
Si registra un solo passaggio in cui Conte ha mostrato un volto umano ed è quello in cui ha invitato i senatori a ricordare Sacko Soumayla, il bracciante con regolare permesso di soggiorno ucciso, pochi giorni fa, con un colpo di fucile. Il suo intervento per il sindacalista di base, sulla cui morte non si è ancora fatto luce, ha interrotto due giorni di silenzio imbarazzante da parte dei ministri del governo giallo verde.
Per quanto riguarda la collocazione internazionale dell’Italia Conte ha fatto esercizio di equilibrismo usando l’interlocuzione “ma anche”, termine usato ben otto volte in tutto il discorso. Alleati degli Usa di Trump nella Nato ma anche aperti verso la Russia di Putin, per la quale propone una revisione delle sanzioni.
Riguardo l’Europa la linea del governo indicata da Conte è ancora indecifrabile. A parte le generiche affermazioni di voler “adeguare la governance” e di “rivendicare una Europa più forte e anche più equa, nella quale l'Unione economica e monetaria sia orientata a tutelare i bisogni dei cittadini per bilanciare più efficacemente i principi di responsabilità e di solidarietà” non sappiamo se l’Italia sostiene le riforme proposte da Macron oppure quelle indicate da Orban e dai paesi di Visegrad o una terza via. Non ci è dato sapere se l’Italia sostiene una politica fiscale comune oppure no; se è favorevole a un aumento del bilancio europeo oppure se vuole ridurlo; se concorda con una politica estera e di difesa europea oppure parteggia per una semplice cooperazione intergovernativa. L’unica cosa che ci ha fatto sapere, bontà sua, è che “l’Europa è la nostra casa”.
Nella replica finale il presidente del consiglio ha dovuto chiarire che l’uscita dall’Euro non è in discussione. E ci mancherebbe il contrario - aggiungo io - visto che la maggioranza degli italiani non vuole questa pazzia inserita, e poi stralciata, nella primissima bozza del contratto di governo fatta circolare dall’Huffington Post. Sono in discussione invece - sottolinea Conte - le politiche economiche europee senza dire se, e in che modo, vuole superare le politiche di austerità che in questi anni hanno aggravato la situazione generato ulteriore disoccupazione senza peraltro risolvere il problema del debito. Si vuole proporre, forse, un New deal europeo e con quali risorse: tobin tax, carbon tax ? Niente di tutto questo trapela dal lungo discorso di Conte.
Su altre due questioni di politica internazionale l’ambiente e l’immigrazione il discorso di Conte sconta una visione di corto raggio. Nonostante il presidente del consiglio abbia affermato che la politica debba “alzare lo sguardo in una prospettiva di lungo periodo” e abbia citato il “principio-responsabilità” del filosofo Hans Jonas, “che impone di agire non solo guardando al bisogno immediato .. ma progettando anche la società che vogliamo lasciare ai nostri figli e ai nostri nipoti” il modo in cui ha affrontato i temi ambiente e immigrazione è prettamente locale.
Nel paragrafo sull’ambiente, per esempio, non c’è alcun riferimento ai cambiamenti climatici e alla necessità di una azione globale per fronteggiare il riscaldamento planetario ma si parla solo di azioni in un quadro nazionale.
Per quanto riguarda invece l’immigrazione Conte la inquadra, quasi esclusivamente, come se fosse tutta una questione di business quando invece per poterla affrontare seriamente c’è bisogno di una visione internazionale e di capire le motivazioni dei flussi migratori per lavorare sulle cause (guerre, fame, cambiamenti climatici, ricerca di una vita migliore) e non agire solo sulle conseguenze.
Nel suo discorso Conte a un certo punto evidenzia che “la politica, ma anche il diritto, hanno perso terreno” nella globalizzazione e aggiunge che “la politica, in particolare, stenta a governare processi sociali ed economici così complessi e integrati” senza trarne le dovute conseguenze. Non si tratta solo di indicare un generico rafforzamento dei “processi di legittimazione democratica, potenziando le istituzioni rappresentative della volontà dei popoli” all’interno delle strutture internazionali ma di indicare già oggi quali riforme siano necessarie per rafforzare l’Unione europea e le altre istituzioni globali come l'Onu. In quest'ultimo caso, ad esempio, il governo potrebbe sostenere la proposta di una assemblea parlamentare delle Nazioni Unite.
Il tema della ridistribuzione delle risorse a livello internazionale non viene neanche accennato. Eppure Oxfam parla chiaro: l'1% più ricco dell'umanità possiede più del restante 99%. Su questo punto il governo potrebbe promuovere una web tax europea dei giganti di internet, i cosiddetti GAFA (Google, Amazon, Facebook e Apple). Niente di tutto questo nel discorso di Conte. Ed anzi si propone la flat tax un modo per aumentare ulteriormente le disuguaglianze.
La genericità delle proposte e lo sguardo poco lungimirante è dovuto, forse, alle zavorre che si porta dietro il nuovo presidente del consiglio e alla collocazione europea dei suoi azionisti di maggioranza: da una parte la Lega è alleata con l’ultranazionalista Le Pen, dall’altra il M5S è in gruppo con Farage il paladino della Brexit. Insomma una compagnia di giro poco raccomandabile: l’internazionale nazionalista. Non a caso Steve Bannon, l’ex stratega della campagna di Trump, ha affermato in una intervista a Repubblica che Roma è il centro della politica mondiale e che l’Italia ha dato un colpo al cuore della bestia dell’Europa.
Senza dimenticare che Salvini considera Orban un alleato per cambiare l’Europa quando l’Ungheria è uno di quei paesi che non ha accolto neanche uno di quei profughi per i quali la Commissione europea ha previsto la ricollocazione tra i vari paesi dell’UE. L'Ungheria è quel paese che ha circondato i propri confini di filo spinato e rifiuta ogni rafforzamento delle istituzioni europee. Questa è la posizione di uno dei due vice primo ministro del governo Conte. Sarebbe interessante conoscere cosa pensa Di Maio al riguardo.
Ovviamente di alleanze in Europa Conte non ne ha parlato al Senato. Non ha detto che tipo di Europa vuole il suo governo: un’Europa federale o un’Europa intergovernativa ? Gli interessi dei cittadini italiani dovrebbero spingere il governo a lavorare per la prima ipotesi, “la nostra unica speranza di uscire dalla crisi mondiale” per dirla con le parole di Stéphan Hessel anch’egli, come la Segre, fuggito da un campo di concentramento nazista durante la seconda guerra mondiale.
Vedremo i primi passi del nuovo governo tra pochi giorni al Consiglio europeo di fine giugno. Le premesse, ahimè, non ci fanno ben sperare.
PS: A volte un discorso si può interpretare dalle parole non pronunciate. Ecco le parole non dette nel discorso inaugurale di Giuseppe Conte al Senato del 5 giugno 2018: pace, guerra, uguaglianza, discriminazione, redistribuzione, cambiamento climatico, cultura, federalismo, patria, nazione, sovranità, ecologia, terrorismo, Resistenza, antifascismo, Onu, Mediterraneo, sindacato, stato di diritto, doveri, genere, cittadinanza europea, Parlamento europeo, Commissione europea, Consiglio europeo, Banca Centrale Europea, Corte di Giustizia.