di Salvatore Sinagra*
Negli ultimi giorni di ottobre sono apparsi su giornali di tiratura nazionale due contributi molto interessanti per i federalisti. Il 25 ottobre Guido Rossi ha scritto un editoriale per Il Sole 24 Ore dal titolo "Se torna la voglia di un’Europa unita e federale";(1) il giorno successivo Lucrezia Reichlin ha scritto per il Corriere della Sera La ripresa non aspetta i governi.(2) Se l’articolo di Rossi è dichiaratamente federalista, anche se con qualche necessità di chiarimenti, quello di Reichlin non lo è, tuttavia pone sul tavolo alcune questioni dirimenti per l’Unione Europea, l’Euro e non solo.
Rossi afferma che dopo lunghi anni infruttuosi la Commissione Europea è tornata a sostenere posizioni che potremmo definire costituenti, in particolare nell’articolo vengono segnalate la proposta di un seggio unico per l’eurozona al Fondo Monetario Internazionale, quella di un consiglio europeo per il debito pubblico e quella di consigli nazionali per la competitività.
Parlare con una sola voce ai vertici del Fondo Monetario Internazionale va chiaramente nella direzione di una politicizzazione dell’area euro, partendo da una sua maggiore identificabilità nell’arena politica internazionale. In questi anni la proiezione esterna dell’Unione Europea è stata caratterizzata da una grandissima ambiguità: in molte regioni del pianeta l’Euro è stato l’unico elemento visibile dell’Unione Europea (3) ma l’area Euro, con solo una banca centrale e senza un governo, senza una politica economica e senza una politica estera, è risultata un aggregato con un’azione sull’arena internazionale spesso impalpabile e in ogni caso difficile da interpretare. Tra l’altro l’esigenza di un’area Euro che parli con una sola voce si è sentita ben prima che esplodesse la questione del debito sovrano. Scrive Raghuran Rajan, accademico oggi governatore della banca centrale indiana che nel 2006 il Fondo Monetario Internazionale individuò cinque attori globali le cui politiche economiche e monetarie erano cruciali per gli equilibri mondiali: Stati Uniti, Cina, Giappone, Arabia Saudita ed area Euro.(4) Quest’ultima non rispose all’appello perché non aveva gli strumenti politici adeguati per giocare partite in campi calcati elusivamente da attori statali. Qualcuno potrebbe pensare che tutto sommato il danno è stato limitato, perché la governance economica globale non funziona, i summit tra i governi ed i vertici delle organizzazioni internazionali si sono in questi anni conclusi con un nulla di fatto, il G20 è come il G8 inefficiente e non rappresentativo e i paesi emergenti hanno deciso di creare nuove istituzioni economiche internazionali alternative a quelle di Bretton Woods. In questi anni tuttavia un’area Euro con capacità politica avrebbe potuto fungere da cerniera tra le diverse parti in causa, esprimendo una posizione intermedia tra quella americana e quelle degli emergenti.
La Commissione propone nuove autorità nazionali per la concorrenza: non si tratta di una posizione particolarmente federalista, ma Rossi sottolinea che in questi anni di crisi la politica è stata assente e le autorità che avrebbero dovute essere indipendenti dalla politica e complementari alla politica hanno finito per riempire il vuoto. Nella sostanza Reichlin dice la stessa cosa quando afferma che Draghi sta usando tutti gli strumenti a sua disposizione per rispondere alla crisi, ma mancano assolutamente i governi.
Negli ultimi anni in Europa la politica si è gettata nella braccia dei tecnici: a livello continentale non c’è stato un dibattito serio sulla riforma del settore bancario, la questione greca è stata delegata ad autorità non responsabili politicamente ed addirittura non europee (si pensi al Fondo Monetario Internazionale) e la BCE ha supplito come ha potuto alla mancanza di una politica fiscale anti-crisi; a livello nazionale troppo spesso i politici si sono nascosti dietro i governi tecnici ed addirittura hanno lasciato ai tribunali il compito di limare leggi elettorali improponibili o riempire vuoti normativi troppo grandi in tema di diritti.
Sottolinea giustamente Rossi che quando la Commissione si lancia in discutibili analisi volte ad accordare qualche decimo di deficit in più ad un governo, che non sono tecniche ma hanno una considerevole componente politica, perde credibilità. I ragionamenti di Rossi possono essere estesi ad altre scelte: è stato sbagliato far passare il messaggio che esistono governi tecnici capaci di rimpiazzare la dicotomia destra sinistra con il “saper fare”; come è sbagliato qualificare come tecniche le ricette della Troika per la Grecia ed altri paesi, perché non si tratta di programmi tecnici ma chiaramente di programmi di centrodestra o destra.
Lucrezia Reichlin nel suo articolo scrive che nessuno ha idea di come si possa far tornare l’Europa a crescere ai tassi pre-crisi, Guido Rossi scrive della proposta della Commissione di una nuova autorità sul controllo dei deficit; inoltre aggiunge che oggi le politiche monetarie di Draghi sono infinitamente più efficaci nel tenere in ordine i conti di qualsiasi aggiustamento dei governi nazionali.
Debito e crescita sono oggi enormemente correlati. E’ chiaro che è difficile pensare che i paesi dell’area Euro possano nei prossimi anni ridurre i loro debiti se chiuderanno spesso l’anno con una variazione negativa del PIL; inoltre sarebbe bene interrogarsi su quale potrà essere la crescita post-crisi dell’Europa occidentale. E’ ragionevole pensare che l’Europa occidentale, fatta di economie mature ed in calo demografico possa crescere a tassi superiori all’1% annuo? Se la risposta è no occorre ripensare il modello europeo, per esempio mettendo in atto una strategia dell’area Euro contro le disuguaglianze e la disoccupazione. Proprio per questo occorre una federazione nell’area Euro. Lucrezia Reichlin parla di governi incapaci di fare politiche anti-crisi, forse il problema è proprio la dimensione nazionale della politica fiscale. La politica monetaria della BCE può funzionare se interagisce con politiche fiscali coerenti. La parola chiave è coordinazione. Probabilmente non esistono modi per coordinare in modo sostenibile 19 politiche fiscali con una politica monetaria e quindi l’Euro può funzionare solo con un bilancio dell’area Euro che si occupi di cofinanziare investimenti pubblici in infrastrutture ed un sistema di assicurazione contro la disoccupazione; in sostanza serve un bilancio federale dell’Euro per fare politiche anticicliche. Un potere politico dell’area Euro renderà più facile anche per la BCE modificare il quantitative easing per esempio passando da acquisti di titoli proporzionali al Pil dei singoli paesi ad acquisti proporzionali al debito dei singoli paesi come immagina Reichlin e sarà possibile ritornare a vedere una politica fiscale (europea) che centra qualche obiettivo.
Un’evoluzione federale dell’UE potrebbe dare una speranza a paesi come l’Italia che da lungo tempo hanno problemi di crescita ed hanno visto i loro debiti crescere con la crisi. Fa bene quindi a chiedersi Rossi perché le migliori proposte per tornare ad un’Europa sostenibile stiano nascendo in Francia e in Germania e non in Italia.
Approfondimenti:
1)http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-10-25/se-torna-voglia-un-europa-unita-e-federale-141534.shtml
2)http://www.corriere.it/editoriali/15_ottobre_26/ripresa-non-aspetta-governi-2fdbd564-7ba8-11e5-9069-1cf5f2fd4ce8.shtml
3) F. BINDI, The foreign policy of the European Union, Washington DC, Brookings Institution Press, 2010, p. 253
4) R. G. RAJAN, Terremoti Finanziari, Torino, Einaudi, 2012 p. 238