Sabato scorso, nelle ovattate sale del teatro Morlacchi, una ventina di “utopisti realisti” ha dato vita alla prima sezione perugina del Movimento federalista europeo (MFE). In Umbria esiste già un gruppo del MFE ad Orvieto; ma la nascita della nuova sezione nel capoluogo segna un importante passo per il federalismo europeo nella regione.
Federalismo? si chiederanno i lettori più scaltri (e chi non lo è oggi). Quale capacità di incidere sulla realtà potrà mai avere un movimento come questo, che si propone di creare una federazione attraverso il rafforzamento delle istituzioni di Bruxelles? In una fase storica come l’attuale poi, contraddistinta dal germinare di aneliti e partiti politici che chiedono tutt’altro: più identità nazionale, niente stranieri e meno Unione europea.
In altre parole, questi venti federalisti umbri non costituiranno l’ennesimo manipolo di utopisti e basta, condannati ad un inesorabile fallimento perché del tutto avulsi dalla realtà?
Forse no. Ed è proprio l’ideale federalista, invece, che ci può aiutare a ritrovare la bussola in un mondo della politica che sembra aver perso ogni riferimento.
A partire dal famoso best-seller del politologo statunitense Francis Fukuyama su “La fine della storia e l’ultimo uomo” del 1992, si ripete nsistentemente che le ideologie sarebbero finite. Se la scena politica nel XIX secolo era dominata dallo scontro tra aristocrazia e borghesia, quella del XX secolo dal confronto tra capitale e lavoro, nel nuovo millennio ci sarebbe spazio solo per una costellazione di vari individualismi (nazionali, religiosi, personali), incapaci di proporre una visione coerente e generale.
Ma è proprio così? Personalmente ritengo di no. Anche oggi esiste un crinale che divide due opposte concezioni politiche di fondo, ed è costituito dalla apertura/chiusura alla diversità.
Da una parte ci sono quelli che puntano sull’idea di comunità chiusa. Solo lo Stato nazionale, o anche la nazione (concepita su base etnica o religiosa) sarebbero in grado di difenderci dai pericoli della globalizzazione. Dall’altra parte, invece, c’è chi ritiene che si debba costruire una società aperta, perché solo con nuove istituzioni sovranazionali e multi-livello potremo ottenere i vantaggi
di una sana globalizzazione.
Nazionalismo contro cosmopolitismo, è questo il nuovo confronto ideologico in atto. Basta guardare alla centralità politica del tema delle migrazioni, come a quello del commercio trans-atlantico per rendersene conto. E l’Unione europea è evidentemente schierata. Il modello ideale a cui guarda è fatto di tutele per le diversità attraverso regole comuni (si pensi, ad esempio, al regime sui prodotti di origine protetta, in cui la salvaguardia dei prodotti locali è ottenuta grazie ad un quadro giuridico uguale per tutti).
In questo senso l’Unione europea, per quanto imperfetta e gracile possa apparire, è uno straordinario laboratorio su scala continentale di apertura alle diversità.
Sostanzialmente è in tali ideali che si riconoscono i federalisti europei; che, per questo, vanno considerati i veri rappresentanti della concezione cosmopolita. Ossia, di un’idea che prefigura un’Europa prima, e un Mondo poi, in cui non esistano più barriere doganali, giuridiche, linguistiche e nazionali; e dove ciascuno possa contare su di una cittadinanza aperta fatta di giustizia, sicurezza, libertà e doveri condivisi.
Per queste ragioni la nascita del MFE a Perugia può essere considerata un momento di grande significato. Ora anche da noi c’è una “casa” dove si coltivano, in maniera realistica e concreta, gli ideali del cosmopolitismo. Se questa casa si riempirà di cittadini, l’Umbria saprà contribuire all’edificazione di un Mondo nuovo: plurale, aperto e dotato di istituzioni sovranazionali capaci di domare gli egoismi nazionalistici e consegnarci un futuro migliore. Perché la democrazia non è più una questione solamente nazionale.