Schengen è il nome di una piccola cittadina del Lussemburgo, resa famosa dagli accordi firmati nel 1985 tra diversi governi europei, con i quali si sanciva il diritto alla libera circolazione in Europa. Quella firma avrebbe cambiato il destino di un intero continente, il nostro, e di molte generazioni, le stesse che oggi firmano quest’ appello.
I giovani di oggi sono cresciuti in un continente senza confini, in cui era possibile viaggiare, lavorare ed amare ben oltre i vecchi confini nazionali, linee ormai sbiadite sulla cartina geografica. Oggi, a causa dello stato emergenziale in cui si trova l’Unione Europea, molti governi sembrano aver trovato nella sospensione del Trattato di Schengen la soluzione alla minaccia del terrorismo e all’immane flusso migratorio proveniente dal sud del mondo.
L’ idea “rivoluzionaria” , partorita dopo numerose ed approfondite riunioni ai più alti livelli, sembra che sia quella di chiudere i confini tra gli Stati europei, quei confini che ormai da decenni non separano più i popoli europei gli uni dagli altri. Quale beneficio questo possa portare in un mondo globale, interconnesso e carico di instabilità sociali all’ interno di ciascuno Stato europeo non è dato saperlo. Quello che si sa è che questa Unione Europea si rifiuta di prendere alcune decisioni, coraggiose, che sembrano necessarie. Ad esempio molti governi europei dimostrano ancora di non considerare le frontiere dell’ Unione come le proprie, rifiutandosi di sostenere la proposta della Commissione Europea di convertire l’ attuale missione FRONTEX in una vera guardia di frontiera comune. Non parliamo poi di un’ azione congiunta che vada oltre la tutela delle frontiere, ad esempio iniziando a pianificare un’efficace forza di intelligence europea o ad affidare delle reali responsabilità alla politica estera comune, che possa affrontare all’ origine il problema dei flussi migratori.
Purtroppo una parte dell’attuale classe dirigente europea ritiene invece che per fronteggiare le attuali sfide alla sicurezza sia molto più semplice ed efficace chiudere il passaggio tra Italia ed Austria, illudendo i propri cittadini che sia una misura utile e al contempo negandogli il diritto di vivere in un’Europa libera e unita, una comunità non solo di governi ma oramai soprattutto di uomini e donne. Quindi se questo è il meglio che riesce a fare la nostra classe politica i giovani europei saranno i primi ad opporre un secco No.
In moltissimi Paesi dell’Unione è già stata lanciata dalla JEF Europe la campagna “Don’t touch my Schengen” (traducibile con “Schengen non si tocca”). All’iniziativa hanno aderito non solo diversi parlamentari di ogni schieramento politico, ma anche varie sigle della società civile e tanti, tantissimi giovani che non vogliono perdere i loro diritti e tornare nella ristrettezza angusta di Stati chiusi, isolati e sospettosi gli uni degli altri. Le organizzazioni giovanili che firmano questo appello si rivolgono a tutte le realtà, giovanili e non, che sono interessate al futuro dell’Europa. Chiediamo anche a loro di aderire a questa campagna e di rilanciare con l’hashtag #DontTouchMySchengen il proprio sdegno nei confronti di questa politica vecchia e priva di idee.
La soluzione alle molte crisi del nostro tempo non può essere quella di costruire muri (che, per inciso, nella storia non hanno mai fermato nessuno) ma, al contrario, di andare verso un’Europa democratica e federale che sia dotata delle istituzioni che le permettano di affrontare all’ origine le crisi sistemiche che stiamo vivendo. Lo sblocco della situazione potrà verificarsi solo se non ci fermeremo alla salvaguardia del sistema Schengen e dell’attuale assetto dell’Unione ma decideremo di andare oltre.
Decine di migliaia di giovani, in Italia e in Europa, sono pronti a mobilitarsi per tenere aperti i confini europei e al contempo rilanciare il processo di integrazione. La costruzione europea è il culmine di un processo storico secolare e sono proprio i giovani oggi a dover ricordare che dalla storia non si torna indietro.
Gioventù Federalista Europea
Giovani Democratici
Giovani del Partito Popolare Europeo
FutureDem
Alternativa Europea