Le soluzioni dei bambini al problema dei profughi in arrivo in Europa.
Stamane sono stato in classe di mia figlia a parlare di Europa. E' stata, come potete immaginare, una grande emozione. Pensavo, in realtà, di dover tenere una lezione ai bambini di una prima classe di una scuola elementare ed invece è accaduto il contrario. Sono loro che hanno insegnato qualcosa al sottoscritto.
Il ventaglio di soluzioni proposte dai bambini e dalle bambine per affrontare il problema di profughi e migranti in arrivo nel nostro continente sono semplici e, se adottate dai governi, porterebbero a una sua rapida risoluzione.
Il tutto è nato come un gioco di simulazione; ogni bambino e bambina rappresenta un governo nazionale in una riunione del Consiglio europeo a Bruxelles: chi la Francia, chi la Germania, chi l'Italia, chi la Grecia, chi il Regno Unito e così via fino a completare la classe. E un problema urgente da risolvere: l'accoglienza di chi scappa da guerre e fame.
Nella loro disarmante ingenuità le proposte dei bambini sono molto concrete. Si inizia con due proposte per tamponare la situazione e impedire che i migranti muoiano durante la traversata nel Mediterraneo. La prima proposta chiede di inviare nel Mar Mediterraneo imbarcazioni più solide e più grandi in modo da poter spostare in tranquillità e senza pericolo i richiedenti aiuto. Mentre la seconda individua nell'utilizzo di altri mezzi di trasporto la soluzione: la rappresentante del governo spagnolo, ad esempio, suggerisce l'uso di aerei.
Ma la soluzione che ha avuto il maggior sostegno da parte dei bambini è quella che va al cuore del problema ovvero impedire la guerra nei posti da dove i profughi scappano a cominciare dal divieto di commercio in armi. "Fare la pace e non la guerra" è stata la proposta iniziale dei "piccoli governanti" che, a un secondo giro di consultazioni, si è finalizzata nella convocazione di una conferenza di tutte le parti in causa (paesi in guerra e paesi europei) con l'obiettivo di condividere le risorse economiche e i beni di prima necessità in modo proporzionale tra tutti i paesi coinvolti in modo che nessuno resti senza. In parole povere un piano Marshall.
Alla fine del gioco eravamo tutti soddisfatti: bambini, maestre e, soprattutto, il sottoscritto perché la speranza di un futuro migliore viene proprio dai giovanissimi. Speriamo solo di consegnar loro un'Europa che non imploda prima che diventino "grandi" sotto le spinte centrifughe, gli egoismi nazionali e le chiusure xenofobe. Sarebbe la più grande disfatta della mia generazione.
Genova, 12 maggio 2016