di Matteo Valtancoli
Non c'è timore maggiore della paura; se c’è una cosa che la storia ci insegna è che nei momenti di grande tensione nei sistemi democratici le scelte elettorali si radicalizzano.
Il più importante fenomeno che possiamo ricordare nella storia moderna è la salita al potere del nazismo nella Germania degli anni '30 vessata dei debiti di guerra con la Francia e aiutata dagli Stati Uniti fino alla crisi del ’29. Hitler alla fine degli anni ’20 era già arrivato al termine della sua storia politica e se non vi fosse stato il crollo economico del paese conseguente alla cessazione degli aiuti non sarebbe mai salito al potere; anche in quell’occasione la gente era impaurita, non dallo straniero, ma dalla difficoltà di mettere in insieme il pranzo con la cena.
Oggi la Francia, indebolita dalla crisi economica, terrorizzata dalle azioni del califfato si è recata alle urne e le paure si sono unite tra loro, consegnando un risultato elettorale preoccupante con la vittoria di M. Le Pen.
Certo inutile negare che è un risultato di “onda”, troppo fresca la ferita di Parigi e la caccia all’uomo per essere stata metabolizzata e razionalizzata.
D’altra parte troppo debole la risposta democratica, che mai sfiora le ragioni che hanno portato da una parte all’onda migratoria e dall’altra la nascita dell’ISIS: meglio ricordarle.
Il fiume di persone che si sta riversando nel nord del globo da continenti poverissimi lo fanno per tre motivi principali:
un terzo scappa da guerre dove con armi, quasi sempre provenienti da Europa e Stati Uniti gruppi tribali in lotta tra loro hanno avuto un secolo di nuovi modi per uccidersi a vicenda.
Un altro terzo scappa dalla fame; infatti anche se questi territori sono spesso ricchissimi di materie prime le plus valenze, sono appannaggio di aziende estere.
I restanti scappano dai cambiamenti climatici, quali desertificazione, accaparramento delle terre a scopo agricolo intensivo, perdita di territori per inondazioni e innalzamento del livello dei mari, inquinamento non tollerabile dell’aria, dell’acqua, del suolo ecc. in cui molte realtà imprenditoriali hanno chiare responsabilità.
ISIS invece è il principale effetto della campagna di “esportazione della democrazia” avvenuta negli ultimi decenni, composta dal nucleo della guardia repubblicana irachena, che ha disertato in protesta a promesse di sviluppo e benessere disattese, unita a quel che rimaneva delle organizzazioni terroristiche operanti in zona, spesso armate dalle lobby statunitensi delle armi e addestrate dagli stati europei.
Oggi questa cosa è contrastata sul campo armando principalmente le minoranze curde, come se questi fossero i salvatori delle frontiere e dimenticando che vi sono organizzazioni criminali e terroristiche legate ai curdi che si stano armando e al fine della guerra andranno a rivendicare la formazione del Kurdinstan destabilizzando un'altra area.
La democrazia, una parola alla quale siamo tutti affezionati e legati, sta nei fatti facendo vedere tutti i suoi limiti: non può essere esportata senza creare danni, né tanto meno imposta, ma neppure lasciata alla paura.
La paura mina i sistemi elettorali degli stati nazionali, la paura porta a voti “di pancia” al di fuori della memoria storica che ci ricorda cosa vuol dire avere partiti estremisti al potere in tutti i totalitarismi del secolo passato. La paura della fame, della perdita della vita, dei problemi economici, del diverso, dello straniero è la stessa paura che porterà forse 100 milioni di persone nel nostro continente nel prossimo decennio e al risultato delle elezioni francesi.
La democrazia è rappresentativa della popolazione e se non fosse cosi non sarebbe democrazia, ma nel corpo elettorale ci sono la testa, lo stomaco, le mani e i piedi, quando le cose si fanno difficili servirebbe un voto di testa non di pancia, invece spesso è il contrario.
Cosa può fare un democratico, una persona che crede nei valori enunciati dalla rivoluzione francese, un federalista, un pacifista o un ecologista? Cosa si può dinanzi alla furia della paura che genera paura?
Parlare alla testa, nei convegni, sul web, ma anche agli angoli delle strade, nei negozi, nei caffè, nelle scuole, nelle università, sui posti di lavoro, nelle sedi di partito … parlare alla testa per far comprendere come il vero nemico oggi non sia ISIS o l’immigrato, ma la politica iperliberista a cui non ha interessato per un lungo periodo il rispetto dei diritti umani dell’ambiente o del principio re-distributivo, la politica che ha causato tutto questo, e che ora si radicalizza perché la stessa politica che ha generato paura da essa viene eletta.
Nella speranza che la Francia sia una parentesi isolata, restiamo vigili giorno per giorno.