Due sono le immagini che mi hanno colpito in questo ultimo weekend europeo.
La prima da Bruxelles dove, dopo due giorni di trattative tra i 28 leader nazionali riuniti nel Consiglio europeo, si erge vincitore, si fa per dire, il primo ministro Cameron, che ottiene tutto ciò che aveva chiesto nella lettera inviata a Donald Tusk nel mese di novembre. In questo modo può tornare in patria e sostenere il no a un referendum che lui stesso ha chiesto per puri motivi di politica interna. La seconda arriva da Berlino dove il Festival del cinema ha assegnato l'Orso d'oro a un film che racconta il dramma di profughi e migranti in cerca di una vita migliore.
Le due fotografie di Berlino e Bruxelles ci raccontano la distanza tra i leader nazionali riuniti nelle stanze del Consiglio europeo e la società europea.
I primi perdono due giorni a trovare un accordo per accontentare l'ex impero britannico e il suo rappresentante Cameron affinchè possa dire ai suoi cittadini di votare no al referendum sul Brexit. I 27 colleghi di Cameron gli hanno dato soddisfazione su tutti i punti in ballo. Niente più impegni a una Unione sempre più stretta, libera circolazione delle merci e dei servizi ma non delle persone, più poteri e controlli ai parlamenti nazionali e discriminazione sull'accesso al welfare da parte dei cittadini comunitari. Le condizioni del compromesso confermano la volontà della Gran Bretagna di restare fuori da una futuribile unione federale, e non certo un superstato come viene etichettato dagli inglesi, e aumentano il solco tra cittadini inglesi e cittadini comunitari.
A Berlino invece il Festival, e la società europea che rappresenta, premia il film di Gianfranco Rosi "Fuocoammare" impegnato a raccontare il dramma umano dei migranti da uno degli avanposti privilegiati: l'isola di Lampedusa. Il regista ha messo in evidenza la generosità dei lampedusani. Durante la premiazione di Berlino Rosi ha sottolineato di aver voluto dedicare "questo lavoro ai lampedusani che mi hanno accolto e hanno accolto le persone che arrivavano. È un popolo di pescatori e i pescatori accolgono tutto ciò che arriva dal mare. Questa è una lezione che dobbiamo imparare".
La distanza siderale tra le due istantanee viene confermata dallo studio promosso dal gigante mediatico Bertelsmann e l’istituto «Dalia Research», nel quale 11410 persone di 28 stati membri dell'UE sono stati interrogati sull'attualità europea. Contrariamente a quanto si possa pensare, i cittadini non sono affaticati dall'idea di Europa, ma vogliono semplimente un'altra Europa, più giusta e solidale (1). Ma anche dalla mobilitazione paneuropea #DontTouchMySchengen per difendere la libera circolazione delle persone che ha percorso tutta l'Europa con flashmob e iniziative contro i nuovi confini intraeuropei (2).
Mentre l'Europa brucia con i migranti che continuano a morire nel traversare il Mediterraneo e con i governi nazionali che alzano muri e fili spinati, il Consiglio europeo si concede il lusso di non decidere alcunché sulla questione che tiene sottoscacco l'Europa tutta, come ha ben evidenziato, a poche ore dalla fine del vertice, il leader dell'Alde Guy Verhofstadt.
Non solo non ha deciso nulla ma il Consiglio europeo consente all'Ungheria di restare fuori dal meccanismo di redistribuzione dei profughi. Orban nella conferenza stampa alla fine del Consiglio europeo ha confermato che "La chiusura dei confini è giusta e noi continueremo a tenere chiusi i nostri confini con Serbia e Croazia e se necessario chiuderemo anche quello con la Romania".
Il comportamento dei leader e delle forze politiche nazionali è la ragione principale dell'allontamento e della sfiducia dei cittadini europei verso le attuali politiche messe in atto dalle istituzioni nazionali ed europee.
Di fronte alle bizze di Cameron nessun capo di stato e di governo ha avuto il coraggio di mettere la Gran Bretagna di fronte alle proprie responsabilità: "non ti piace l'UE ? Bene la porta è quella! Ne riparliamo nel 2030 quando verrete a bussare alle nostre porte".
Da notare il comportamento assai diverso tenuto dagli stessi leader europei nei confronti della Grecia durante il drammatico vertice di luglio durante il quale, a un certo momento, sul tavolo delle trattative è spuntata l'opzione di una Grexit. Insomma l'UE intergovernativa si dimostra "forte con i deboli e debole con i forti" anche se a ben vedere anche i più forti, fuori dall'UE, diventano deboli.
Il risultato di questo ulteriore psicodramma del Consiglio europeo è il rafforzamento dei governi antieuropei e nazionalisti come quello ungherese e polacco, e, in prospettiva, francese se dovesse salire al potere il Front National di Marine Le Pen. L'accordo ottenuto da Cameron costituisce, infatti, un precedente pericolosissimo che potrà essere utilizzato anche da altri paesi dando il via a una discesa a picco verso la dissoluzione dell'UE come ci ha ben mostrato il film documentario "The great European disaster movie".
Non tutto è perduto. Piccole luci si intravvedono nel tunnel in cui ci siamo infilati. La prima luce potenziale è rappresentata da quei movimenti e partiti che sono sorti negli ultimi anni (come Podemos e Syriza e più recentemente Diem 2025) che puntano il riflettore su una terza via tra l'Europa dell'austerità e l'Europa delle nazioni: l'Europa solidale e democratica. La seconda luce, la più potente, è quella proietattata dalla generazione Erasmus, raccontataci dal compianto Umberto Eco, scossa dallo smembramento di Schengen e dal venire meno di uno dei principi fondanti dell'UE: la libera circolazione delle persone.
Da queste luci, por ora fioche, potrebbe nascere una ultima speranza di cambiare rotta a un vascello europeo in piena tempesta. Non ci è dato sapere se vincerà la visione solidale di Berlino oppure quella egoista di Bruxelles.
Se vogliamo che prevalga la prima dobbiamo imparare la lezione dei lampedusani e diventare anche noi europei un popolo di pescatori.
(1) http://eurojournalist.eu/les-citoyens-sont-plus-europeens-que-leurs-responsables-politiques/
Il rapporto della fondazione Bertelsmann
(2) Lettera della Jef Europe al Presidente del Consiglio europeo Donald Tusk