La chiamavano la “perfida Albione”…? O dovremmo ancora usare il presente indicativo?
Passando dall’“Isola degli Ierni e degli Albioni" (gergalmente diffusosi nel IV secolo AC) fino a un versetto o una definizione, nel Settecento fu accomunata a quella terra l’aggettivo di “perfida”, poi in uso abbondante nell’Ottocento.
Oggi torna sempre più di moda… Dal referendum sulla Brexit, la Brand (non è un errore!) Bretagna ha perso smalto.
Il 29 settembre la Camera dei Comuni ha dato il via libera al progetto di legge del governo Johnson, denominato Internal Market Bill, che di fatto, ha ignorato la richiesta della Commissione europea di evitare di mettere in discussione alcuni passaggi dell’Accordo di recesso (1) firmato con l’Unione europea sul post-Brexit. Quest’atto fa una deviazione (non di atteggiamento certo, questo è sempre stato evidente) in particolare sulla questione dell’Irlanda del Nord. L’Accordo prevede un impegno per una soluzione giuridicamente operativa che evita una frontiera fisica sull'isola d'Irlanda, tutela l'economia dell'intera isola e l'accordo del “Venerdì santo” (accordo di Belfast) e salvaguarda l'integrità del mercato unico dell'UE.
Johnson ha “tenuto” la propria maggioranza in Parlamento (che ha acquisito potere di veto sui punti che incidono sul diritto internazionale) ma perdendo, senz’altro eclatante, il voto favorevole dell’ex premier Theresa May.
La discussione è passata alla Camera dei Lord il giorno seguente, stavolta con una opposizione a Johnson più evidente, non determinante nella decisione finale perché sarà sempre la Camera dei Comuni ad avere l’ultima parola.
Questa procedura però non poteva passare inosservata all’Unione europea e la reazione non si è fatta attendere: il 1° ottobre la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha manifestato l’intenzione di aprire una procedura di infrazione (2) contro la Gran Bretagna, cosa che è poi avvenuta, con una “costituzione in mora” che concede un mese di tempo per rispondere alla contestazione.
Eppure, il giorno prima della votazione alla Camera dei Comuni il vicepresidente della Commissione Europea e commissario per le relazioni interistituzionali e le prospettive strategiche, Maroš Šefčovič era stato molto chiaro: “L’Unione Europea continua a chiedere di ritirare entro la fine di settembre le parti controverse del progetto di legge sul mercato interno del Regno Unito. Se adottato nella sua forma attuale, costituirebbe una violazione estremamente grave dell’Accordo di recesso e del diritto internazionale”.
L’ Accordo di recesso, firmato il 24 gennaio 2020, prevede espressamente l’obbligo di garantire che le disposizioni per il recesso abbiano inequivocabilmente nel Regno Unito gli stessi effetti giuridici che hanno nell'UE e nei suoi Stati membri. In questo senso, entrambe le parti “dovranno garantire nei rispettivi ordinamenti giuridici il primato e l'efficacia diretta, nonché un'interpretazione coerente con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell'Unione europea (CGUE) pronunciata fino al termine del periodo di transizione”. L'efficacia diretta è menzionata esplicitamente in riferimento a tutte le disposizioni dell'Accordo di recesso che a norma del diritto dell'Unione soddisfano le condizioni per l'efficacia diretta, il che significa fondamentalmente che le parti interessate possono invocare l'accordo di recesso direttamente dinanzi ai giudici nazionali sia nel Regno Unito sia negli Stati membri dell'UE.
Inoltre, è previsto che “nei quattro anni successivi al termine del periodo di transizione (il 31 dicembre 2020), la Commissione può adire la CGUE con nuove procedure d’infrazione nei confronti del Regno Unito riguardanti violazioni del diritto dell’Unione avvenute prima della fine del periodo di transizione”. Più specificamente, “entro lo stesso termine è altresì possibile ricorrere alla CGUE nei confronti del Regno Unito dopo la fine del periodo di transizione per inosservanza di una decisione amministrativa di un’istituzione o di un organo dell’Unione assunta prima della fine del periodo di transizione oppure per talune procedure specificamente indicate nell’accordo”.
Questi aspetti non spaventano assolutamente il governo britannico, dimostrazione ne è la dichiarazione del 5 ottobre del premier Johnson che in un’intervista alla Bbc ha sì ribadito la volontà di raggiungere un accordo (“deal”) post-Brexit con l’Unione Europea, ma che non possono essere ignorate le esigenze del Regno Unito, diversamente “si potrà convivere con l’eventualità di un no deal”.
Nel film Il secondo tragico Fantozzi, Paolo Villaggio si rivolgeva, al telefono, al “fido” collega ragionier Filini, "le do la perfida Albione 10 caffè contro uno!". Ciò che si è andato manifestando in questi giorni sembra proprio una “scommessa”… Speriamo di vincerla, tutti, al prossimo Consiglio europeo del 15-16 ottobre.
Note
[1] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/QANDA_20_104
[2] https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/it/MEMO_12_12