Mai abbandonare la speranza, anche se a volte è davvero difficile. Come lo è l’assistere ad una campagna elettorale per il Parlamento europeo, in cui ci sia almeno un pugno di candidati che ci credono.
Che credono nell’Unione europea, nel suo ruolo di avanguardia della civiltà, nella sua capacità di migliorare le nostre vite; o anche, più modestamente che sappiano cosa fa in concreto l’Unione europea, quale peso abbia nelle nostre vite e che siano disposti ad incentrare le loro campagne elettorali su questo.
Il fatto che si tratti di una mera speranza, mi è stato riconfermato qualche sera fa assistendo alla trasmissione TG2 Post, alla quale oltre a due politici erano presenti giornalisti di diverse testate ed agenzie stampa.
Persone degnissime e capaci, chiamate a discutere sul tema “il rebus candidature” alle elezioni europee. Gli argomenti trattati, numerosi ed alcuni anche interessanti. Il centro del discorso però è stato quello della sfida politica interna. Candidature sì, candidature no; convenienza politica dei leader a scendere in campo, il poco interesse dei cittadini, legami tra le europee e le regionali.
Poi c’è stato anche qualche accenno a contenuti politici, ma proprio di sfuggita. La crisi energetica, la povertà sociale, l’ambiente e l’immigrazione. Tutto qui, ma poteva andare anche peggio.
Da europeista e modesto conoscitore del funzionamento dell’Unione europea l’impressione è comunque deludente.
Lo è perché nessuno ha detto di quanto è importante l’Unione europea, in particolare per un paese come il nostro, la cui principale ricchezza poggia sull’export, che per oltre il 70% riguarda i paesi del mercato interno europeo, dove è più conveniente vendere e comprare. Né si è ricordato che è solo grazie all’Unione europea ed ai tanti fondi per il sostegno alla ricerca, che in Italia si riesce a stare al passo con le innovazioni scientifiche e tecnologiche. E tantomeno si è accennato al fatto che, se si completasse il processo di integrazione, si assisterebbe ad una crescita costante di circa 2.000 miliardi all’anno (dei quali oltre 200 arricchirebbero l’economia italiana).
E soprattutto, visto che si parlava di elezioni del Parlamento europeo, nessuno ha rivendicato l’importanza che l’Eurocamera ha, almeno dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel 2009, nell’avviare le principali innovazioni normative. Come è avvenuto recentemente per il salario minimo, per il risparmio e l’efficientamento energetico, per la regolamentazione dell’Intelligenza artificiale. Tutti temi di enorme importanza, che, insieme a molti altri, sono disciplinati in base a quanto sostiene il Parlamento europeo e non quello italiano, tedesco o francese.
Ci si è invece limitati ad accennare genericamente ai problemi dell’immigrazione, della povertà sociale e dell’energia. Sottolineando, da alcuni, che si tratterebbe di ambiti nei quali l’azione della UE è insoddisfacente e per questo alimenta la sfiducia dei cittadini. Si è ripetuta questa stanca narrazione, senza segnalare (verrebbe da dire denunciare), che in tali settori (immigrazione, politiche sociali ed energia), l’azione della UE e del Parlamento europeo è fortemente indebolita dai veti degli Stati e da altri limiti che questi hanno introdotto per ridurre il peso dell’Unione.
Ed è proprio riguardo a quest’ultimo aspetto, ossia il potenziamento dell’azione dell’Unione, che si è riscontrata ieri, come d’altronde accade da mesi su tutti i media, la più grande lacuna informativa. La riforma dei trattati istitutivi, proposta dal Parlamento europeo il 22 novembre scorso, che punta ad un significativo rafforzamento della UE (con il generale superamento del potere di veto degli Stati), non è stata neppure accennata.
Ora, se il rebus candidature alle europee lo si vuole sciogliere senza parlare d’Europa e dei suoi temi, è chiaro che ci dobbiamo aspettare l’ennesima occasione perduta: delle elezioni poco partecipate, mal comprese, mistificate e soprattutto la mancata comprensione dell’importanza di un Parlamento europeo formato da donne ed uomini che credono profondamente nel progetto europeo.