Chi salverà il Pianeta?

di Matteo Valtancoli *
Parigi, COP 21, dicembre 2015.
Saranno giorni da ricordare, giorni in cui gli stati riuniti nella conferenza internazionale sul clima si sono resi conto che il problema climatico è concreto e cogente. Questa presta di coscienza è stata quasi univoca: infatti sono da segnalare due posizioni dissonanti. Quella degli Emirati Arabi, in parte comprensibile dato che grossa parte del loro prodotto interno lordo deriva dal commercio di greggio e quella del Senato americano, a maggioranza repubblicana, che sebbene veda come “paesi canaglia” molti dei maggiori produttori petroliferi del mondo è sempre molto propenso al loro finanziamento attraverso una politica energetica pro carbon.
COP 21 di Parigi: l'Organizzazione Mondiale per l'Ambiente è lo strumento planetario per ridurre le emissioni di CO2

di Lamberto Zanetti
La COP 21 di Parigi sul clima è come ben sapete un appuntamento importantissimo, forse l’ultimo, che la classe politica mondiale ha a disposizione per cercare di attenuare e mitigare i cambiamenti climatici e il conseguente surriscaldamento del Pianeta dovuto all’attività dell’uomo.
Occorre quindi ridurre drasticamente a livello planetario le emissioni di CO2 nell’atmosfera in maniera drastica e radicale, ponendo fine all’era Carbon con il relativo consumo di petrolio, di carbone e di tutti gli altri gas serra climalteranti.
Renmimbi e de-dollarizzazione
di Antonio Mosconi *
Si è fatto gran rumore in agosto sulla cosiddetta “svalutazione del renmimbi”, tanto da far passare in secondo piano perfino il terzo salvataggio europeo della Grecia, che pure contiene innovazioni sostanziali per rimodulare il rapporto fra l’austerità e la crescita a favore della seconda. Si può capire che i giornalisti, animati da obiettivi di vendita, drammatizzino il fatto del giorno.
Parlasur: la chiave dell’integrazione nel Mercosur

di Gretel Ledo *
Viviamo tempi in cui le cose effimere sono tornate a essere non solo urgenti ma anche importanti. Tutto ciò che risulta privo di contenuti e insussistente nella scala dei valori, ha assunto una grande reputazione a livello individuale e sembra avere un notevole impatto sulla società. La brama di titoli, onori e incarichi delle persone fisiche, che si accompagna alla mancanza di potere reale delle persone giuridiche, rinviano a una caratteristica comune: la vanità. Salomone, figlio di Davide, conosciuto come il Predicatore, disse: “vanitas vanitatum, tutto è vanità. Quale profitto può avere l’uomo che si affanna con il suo lavoro sotto il sole?” (Ecclesiaste 1:2-3).
Gorbaciov, convinto federalista

Qualche cenno storico per inquadrare la figura politica di un grande uomo di Stato
Nel 1985, quando Gorbaciov arrivò al Cremlino, il mito dell’Urss era ormai a pezzi in tutto il mondo. Dopo settant’anni di regime comunista l’Unione Sovietica era una società economicamente e antropologicamente malata. L’economia pianificata non funzionava più; la gestione centralizzata del sistema produttivo causava per lo Stato costi elevatissimi e una penuria di beni di consumo. Dopo l’umiliante sconfitta “afgana”(1980), l’Armata Rossa faceva meno paura e la questione delle nazionalità richiedeva soluzioni coraggiose e radicali.
Nel febbraio 1986 Gorbaciov, in un discorso al XXVII congresso del PCUS, fece un’analisi impietosa del degrado politico, economico, tecnologico e morale dell’Unione Sovietica. Gorbaciov comprese sin da subito l’urgenza di riformare radicalmente il sistema sovietico e cercò di democratizzare la vita economica e politica del Paese.
Con la perestrojka (ristrutturazione) Gorbaciov formulò l’estremo tentativo di salvare lo “Stato multinazionale sovietico” che segnava il passo nei confronti dei concorrenti occidentali e stava crollando sotto il peso dell’inefficienza. Il rinnovamento prevedeva la privatizzazione di molti settori economici statali, la libertà d’informazione, la riduzione del controllo militare e politico sui Paesi satelliti e trattati con gli Stati Uniti per il disarmo dei missili.