Utilizzando lo strumento dell'Iniziativa Europea dei Cittadini previsto dal trattato di Lisbona, è ' finalmente partita, dopo una lunga preparazione, la campagna people4soil. La campagna , sostenuta da più di 300 associazioni, tra cui ONG, istituti di ricerca, associazioni di agricoltori e gruppi ambientalisti, chiede che il suolo venga riconosciuto come un patrimonio comune che necessita di protezione a livello europeo. Chiede quindi una Direttiva Europea che vincoli gli stati a frenare la distruzione impressionante del suolo fertile oggi in atto, per salvare le funzioni insostituibili che il suolo svolge nella produzione di cibo e nella salute degli ecosistemi. Servono almeno un milione di firme da raccogliere entro i primi di settembre 2017.La raccolta si svolge sia in modalità on line , sia materialmente, alla vecchia maniera, con banchetti e moduli da firmare. Il sito di riferimento per l'Italia è www.salvailsuolo.it
E' una questione così importante ? Sì. E sempre di più lo sarà per il futuro. Anche se nell'agenda europea i problemi gravissimi e urgenti sono molti, sarebbe sciagurato considerare la difesa del suolo fertile un tema marginale. Il suolo non è solo il supporto fisico delle attività umane, la piattaforma neutra e inerte su cui collocare di tutto. Un suolo sano e vivo è un bene essenziale alla vita come l'acqua e come l'aria: permette la sicurezza alimentare, mantiene la biodiversità, la formazione delle riserve e la regolarità del ciclo dell’acqua, contribuisce a mitigare gli sbalzi climatici e le ondate di calore estivo nelle città: in altre parole, ci protegge dai disastri. Il suolo è però una risorsa fragile, non rinnovabile in tempi storici, esposta a contaminazione, erosione, perdita di materia organica e biodiversità. L’intervento umano può accelerare in modo devastante il degrado o la scomparsa dei suoli fertili.
L'Europa è uno dei continenti più urbanizzati. In tutta Europa la pressione di insediamenti, costruzioni, industrie, autostrade, infrastrutture , moltiplica le aree ricoperte, impermeabilizzate, trasformate in superfici artificiali, inquinate senza rimedio. I numerosi rapporti di ricerca prodotti nell'ambito della Commissione UE hanno permesso di conoscere i dati allarmanti di questo processo. Ogni anno la perdita è equivalente all'estensione dell’area urbana di Berlino, e ogni dieci anni si impermeabilizza una nuova superficie pari a quella dell’isola di Cipro. Paesaggi e habitat troppo frammentati perdono integrità e funzione, e la perdita stimata di derrate agricole ammonta a quattro milioni di tonnellate all’anno. Nel 2011, uno dei rapporti più interessanti della Commissione UE ( 'Overview of best practices for limiting soil sealing or mitigating its effects in EU-27' ) forniva anche un repertorio di pratiche e di interventi economici, politici, ma anche tecnici e strutturali per limitare il consumo di suolo e mitigarne gli effetti. Ma nonostante questo imponente lavoro le cose non sono certo migliorate, anzi.
Le cose non sono migliorate perché, nonostante gli studi, le ricerche e le proposte praticabili, a una Direttiva Europea sul consumo di suolo non si è mai arrivati. La proposta, presentata dalla Commissione nel 2006, venne ritirata nel 2014 dopo OTTO anni di discussione : il Consiglio dei Ministri dell'Ambiente non accettò le proposte della Commissione per l'opposizione di alcuni stati membri. Restano linee guida più o meno condivise, e il Settimo Programma di Azione Ambientale pieno di sfide da affrontare e di suggerimenti, ma una direttiva vincolante non c'è.
Le Direttive europee orientano le legislazioni nazionali, che le devono recepire . Sono utili soprattutto in quei campi in cui l'attenzione a temi importanti non è omogenea , e la mancanza di attenzione potrebbe portare, nelle singole legislazioni nazionali, a scelte distruttive per tutti. Questo vale per l'ambiente, la salute, e nei molti campi in cui l'Unione Europea, grazie proprio al sistema delle Direttive , è riuscita ad avere risultati positivi e concreti. Certo, una Direttiva non basta se poi gli stati scelgono di recepirla in modo tardivo o solo formale, ma almeno costituisce un elemento di diritto a cui appoggiarsi
Nel caso del consumo di suolo, invece, la mancanza di una Direttiva continua a nascondere il problema. Gli interessi speculativi sono forti, gli investimenti necessari per contrastarlo sono impegnativi. Il trend insostenibile riguarda quasi tutti i paesi, e ciascuno prova a gestirlo per conto suo, a volte ignorando strategie e interventi sperimentati con successo altrove. Ci vuole una consapevolezza culturale e una volontà politica che difficilmente può emergere senza una sponda europea che affermi e sostenga le esperienze più avanzate. Un modello europeo di gestione sostenibile del suolo è possibile: c’è la cultura per realizzarlo e potrebbe diventare anche un riferimento a livello globale. In mancanza di questo, le leggi nazionali di contenimento, quando esistono, sono largamente insufficienti. Non fa eccezione il recentissimo disegno di Legge approvato in Italia, che pure riconosce l'importanza del suolo come bene comune e risorsa non rinnovabile, ma non si dota poi di strumenti efficaci per proteggerlo.
Tocca dunque ai cittadini fare quello che non sono riusciti a fare i governi, e che la Commissione, nonostante gli impegni dichiarati allora, sembra aver lasciato cadere.
TOCCA AI CITTADINI EUROPEI DARE UN DIRITTO AL SUOLO, PORTANDO AL PARLAMENTO E ALLA COMMISSIONE, CON LO STRUMENTO DELL’ICE, UNA PROPOSTA DI DIRETTIVA DI INIZIATIVA POPOLARE
Questa campagna è importante per noi, come cittadini consapevoli delle necessità di uno sviluppo sostenibile, ma anche come federalisti. Perché l'Europa che vogliamo è quella del rispetto sociale e ambientale , e del territorio come bene comune, dentro e oltre i confini degli stati. Ci serve un diritto europeo che possa mettere in comune le esperienze migliori realizzate nell'Unione. E proprio come federalisti possiamo rivendicare un modello rispettoso del meglio dei valori territoriali, ma anche capace di orientarli a difesa del bene comune . Nel 2014 alcuni stati membri hanno rivendicato la competenza esclusiva su tutte le questioni inerenti al suolo e al territorio, come se il tema della salvaguardia del suolo riguardasse frontiere, estensioni e confini, e non la qualità delle funzioni vitali di un bene comune.
Come se rifiutando regole comuni ciascuno avesse rivendicato il paradossale diritto di essere nemico del sacro suolo di casa propria. Ma è probabile che questa convinzione fosse, e sia, ben più largamente diffusa.
Chi decide del territorio e dei suoi assetti? La sovranità che appartiene al popolo non si difende solo proteggendola dai nemici esterni, veri o presunti, e i nemici non sono sempre esterni. Il nazionalismo dei padroni in casa propria può non farsi scrupolo di asservirla, questa casa, a potentati vecchi e nuovi, alla speculazione e all’inquinamento, a tutti i veri nemici del suolo d'Europa.