Se credete che Brexit abbia prodotto in altri paesi europei un desiderio di emulazione o abbia aumentato la loro avversione nei confronti dell’Ue, preparatevi a una (temporanea) smentita. Sono usciti da pochi giorni i risultati di un sondaggio condotto su incarico della Fondazione Jean Jaurès e della Fondazione europea di studi progressisti (Feps). I dati sono stati raccolti tra il 28 giugno e il 6 luglio scorsi su un campione di circa 1000 rispondenti in ciascuno di 6 paesi: Germania, Francia, Italia, Spagna, Belgio e Polonia. I risultati sono per alcuni aspetti sorprendenti e invitano a un cauto ottimismo.
I partecipanti al sondaggio giudicano Brexit un evento non particolarmente grave per l’Ue, almeno non quanto lo sarebbe l’uscita di un paese fondatore. Prevale l’opinione che Brexit indebolirá il Regno Unito. I rispondenti non vorrebbero che una consultazione a tema ‘exit’ venisse organizzata nel loro paese. Questo dato é correlato nei partecipanti di ciascun paese con l’idea che Brexit avrá effetti negativi sull’economia britannica. Nell’ipotesi che un tale referendum venisse effettivamente indetto, una netta maggioranza di rispondenti voterebbe per rimanere nell’Ue. L’appartenenza del proprio paese all’Ue é ancora considerata un fatto positivo. Sono alte le percentuali a favore dell’idea che i paesi fondatori prendano ‘iniziative per creare intorno alla zona euro un’Europa piú integrata politicamente ed economicamente’. In contrasto coi dati di Brexit, l’adesione a questa proposta aumenta con l’etá dei rispondenti. I partecipanti sono favorevoli alla creazione di un posto di ‘ministro europeo dell’economia e delle finanze’, all’elezione diretta di un ‘presidente Ue’ e ad un ‘esercito comune’. Sono piú prudenti invece a proposito dell’allargamento dell’Ue a Turchia o Ucraina, pur rimanendo disposti all’inclusione di questi paesi in un’area comune di libero scambio.
Ci sono differenze nelle risposte dei partecipanti in funzione della loro classe sociale, della situazione economica del loro paese e del partito da cui si sentono rappresentati. Rimangono le incertezze di cittadini e lavoratori legate ai problemi della disoccupazione, della sicurezza interna e della gestione dei flussi migratori. Inoltre il sondaggio ha alcuni limiti metodologici, come qualsiasi altro strumento d’indagine di questo tipo. Ad esempio é stato condotto on-line (il che solleva qualche dubbio sulla rappresentativitá del campione dato che non tutti cittadini Ue hanno accesso a internet) e non include un paese fondatore come i Paesi Bassi. Tuttavia, prendendo i risultati con la dovuta cautela, si puó concludere che i cittadini europei mostrano maggiore indipendenza di giudizio di quanto ci si potrebbe aspettare dato il catastrofismo dei media e dei mercati e la retorica anti-europea a cui sono da piú parti esposti. Le risposte sono simili tra i partecipanti dei 6 paesi, il che suggerisce che esiste un sentire comune nonostante le presunte differenze culturali. Isaiah Berlin scrisse che il requisito essenziale di una societá decente é saper impedire ‘il sorgere di situazioni disperate, di scelte intollerabili’. Gli europei mostrano la stessa ragionevolezza respingendo l’ipotesi di un referendum di uscita dall’Ue. Per ora i sovranisti sembrano dunque aver perso la battaglia d’opinione.
Fonti
Fondation Jean Jaurès: https://jean-jaures.org/nos-productions/les-europeens-et-le-brexit