Ciao, mi permetto di darti del tu perché nella corporazione giornalistica di cui faccio parte pare si usi così. Ho già avuto modo di disquisire in passato con altri due commentatori di “Libero”, Carioti e Mainiero, e siccome non c’è il due senza il tre adesso tocca a te(*). Sono uno dei colleghi da te definiti nel commento apparso ieri sul tuo giornale “lecchini dell’Ue” che si inventano balle.
Io lo sono a tal punto da aver abbracciato il federalismo (l’autentico federalismo, non quello spacciato a sproposito da oltre trent’anni dai leghisti) a 17 anni, dopo aver ripudiato i metodi violenti adottati da diversi compagni di liceo ed essere entrato di conseguenza a far parte di quelli che <il problema è il fascismo> come affermi tu. Alle tue affermazioni replico con una versione riveduta e corretta del tuo scritto, punto per punto. Se ti va, leggi le mie esternazioni e torna pure a valutare dal tuo punto di vista, del resto piuttosto chiaro e inequivocabile. Buon proseguimento del tuo lavoro.
Quelli che idolatrano Salvini, Orban, la Le Pen, Farage e chi più ha sovranisti più ne metta, inevitabili sostenitori di Trump compresi, mentre spargono discredito sull’Europa e fanno finta di dimenticare i nostri impegni verso l’Ue. I populisti si professano nostrani. Costoro hanno conati di vomito se sentono parlare di Stati Uniti d’Europa e di sovranazionalismo. Sono quelli che <il problema è Juncker> e cosa volete se l’euro ci ha salvati dal default cui si è avvicinata la Grecia, al pari della California - la Lombardia degli Usa - una decina d’anni fa, salvata da un’emissione di titoli di stato della Federal reserve (eh sì, ma quelli sono Stati Uniti davvero, non i Paesi disuniti d’Europa!).
E non si dica che la disoccupazione giovanile è un problema generale, in quanto è soltanto italiano! I nostri “anacronisti” accolgono i migranti come la peste e non sanno che ci sono sindaci progressisti che, oltre ad essersi recati a Lampedusa, hanno pure portato un tangibile contributo ad Amatrice pagandosi la trasferta di tasca propria, così come vari sindacalisti della Cgil e volontari sinistrorsi di varia provenienza (e poi vanno a raccogliere gli applausi della loro claque a Genova).
I giornali e la Destra, a proposito della nave Diciotti, hanno applaudito il ministro degli interni che si è preso i meriti del suo predecessore, quel Minniti comunista d’antan capace di ridurre gli sbarchi dell’85% in un anno grazie agli accordi raggiunti coi governi del nord Africa.
Ma vedono le colpe di Macron, già invaso di suo dai discendenti dei maghrebini figli delle ex colonie, e omettono quelle di Orban & soci di Visegrad che, pur mungendo ben bene la vacca di Bruxelles, non accolgono sul loro territorio manco un richiedente asilo. Pensare che i profughi ungheresi, ai tempi dell’invasione sovietica, furono accolti dagli europei a braccia aperte... Invece attaccano i governi precedenti, colpevoli di aver fatto dell’Italia il Paese dei balocchi dei migranti.
Ciò che mi preoccupa è la faciloneria con cui viene veicolato da una stampa che si ritiene libera di interpretare la volontà popolare il suo connotato anti europeista. La Libera Stampa non sembra fatta per formare i cittadini, oltre che informarli correttamente. Come i resti di Forza Italia, sembra vivere nella pancia del cittadino elettore e non nella sua testa, per farlo ragionare e non abbindolarlo con facili slogan e luoghi comuni.
Trovo insopportabile il coro stonato anti europeista di diversi media. Invece di criticare i governi italiani tiepidamente sostenitori dell’Ue, attaccano chi tenta di far progredire l’integrazione del Vecchio continente. Secondo questi disfattisti dobbiamo accettare di farci governare da Salvini e i suoi sodali perché, a loro dire, così vuole il presunto cambiamento (del resto, secondo loro, siamo un Paese di ex-comunisti e di democristiani di sinistra, per fortuna ormai emarginati).
FORZA EUREXIT
Nelle prossime settimane vedremo se il partito anti euro tiferà per l’uscita dell’ Italia dall’eurozona nella speranza di dare una spallata al malefico duopolio Merkel-Macron alla guida del processo d’integrazione. Magari per portare alla guida dell’europarlamento, al posto di Tajani traditore della causa sovranista, uno scagnozzo del bauscione di via Bellerio. Proprio oggi sul Corsera una nota esperta di economia, Lucrezia Reichlin (di provata fede comunista, non fosse altro che per quel cognome!) sosteneva che “all’Italia conviene cooperare in vista di una revisione del governo dell’euro e che dovremmo impegnarci in modo non demagogico rispettando la sensibilità di tutti per poter progredire”. Ma conclude dicendo di temere che “parlare di Europa oggi possa far perdere le elezioni. Eppure per il futuro dell’Italia, quello europeo è il dossier fondamentale.
La coesione, che è condizione del vantaggio di far parte della moneta comune, si deve basare sulla condivisione delle regole dei principi dei trattati europei (carta straccia per quelli che Cerasa, direttore del fogliaccio filoeuropeista definisce sfascisti, n.d.r.)”. In un Paese normale, dove la democrazia è rispettata, i governanti si chiederebbero cosa possa fare l’Italia per l’Europa e non viceversa. Nel mondo ribaltato dalla logica sfascista, c’è chi invece se ne frega di essere fuori dall’eurozona nei mercati globalizzati del giorno d’oggi, anche se ciò porta maggior rischio e non garantisce sovranità. La Reichlin rammenta che “la partecipazione all’eurozona garantisce protezione allo Stato membro, ma questo vantaggio si concretizza solo se i tanto vituperati mercati percepiscono che il Paese in questione è partner stabile e che l’euro è destinato a durare. Come ha calcolato l’economista Daniel Gros, una buona parte dell’aumento dei tassi sul debito pubblico italiano è dovuto alle aspettative della sua possibile uscita dall’euro, il cosiddetto rischio di ridenominazione”. Questa sì una variabile pericolosa, a detta di illustri opinionisti e non di un dilettante in affari economici come me (ed i gemelli diversi della politica italiana, off course).
SI’, 70 ANNI DI PACE!
Senza spiegarlo agli italioti (italiani-idioti) il governo è passato in un quarto di secolo dai valenti politici dell’ormai rimpianta Prima Repubblica ai dilettanti allo sbaraglio sovran-populisti. Perché? Per mancanza di validi ricambi, così da mandare al governo uno che non passa giorno senza sputtanare lo Sme (l’avvento del progetto della moneta unica, a suo avviso la peggiore idea concepita dal dopoguerra in poi) e l’Ue, dopo aver mangiato per diverse legislature nel piatto dove adesso sputa, senza peraltro presentarsi troppo spesso all’europarlamento di Strasburgo malgrado i doveri legati al mandato elettorale.
Comunque, per tornare al giudizio della Reichlin “i vantaggi dell’euro per l’Italia - partner fragile per via della sua bassa crescita strutturale e l’elevato debito pubblico (guarda caso un po’ come in Grecia, n.d.r.) – dipendono molto anche da noi, Paese piccolo, relativamente al mondo, ma grande se misurato nell’ambito dell’eurozona”. Altro che dissanguamento della finanza pubblica dovuto alle imposizioni di Merkel & co!
I sacrifici lacrime e sangue hanno quasi ridotto al lastrico i greci, che però sotto il loro effetto stanno uscendo pian piano dalle sabbie mobili (amici di origine ellenica lo possono testimoniare). Nella distorsione della Libera Stampa ci sono parecchi luoghi comuni che rimandano a nostalgici tempi andati e ad un anacronismo fuori luogo. E che dire di uno dei suoi principali interpreti, capace di rivendicare i danni di guerra alla Germania alla vigilia delle elezioni europee di 4 anni fa, in una gremita piazza del Duomo, in occasione del suo ultimo comizio-spettacolo prima del voto?
Sì, Franco Venturini ha ragione a sostenere nel consueto editoriale critico verso il pseudo ministro dell’interno, alias leader leghista, che l’Ue ci ha garantito settant’anni di pace. E’ così, la data di nascita del processo di integrazione europea viene considerato il 9 maggio 1950, giorno della celebre dichiarazione di Robert Schuman (mai sentito nominare l’allora ministro degli esteri francese?).
Ma già 9 anni prima a Ventotene, dov’erano confinati dal regime fascista (ancora i purgatori dell’olio di ricino, mannaggia!), Altiero Spinelli, Ernesto Rossi ed Eugenio Colorni gettarono le basi della futura Unione europea - quella effettivamente sorta ufficialmente 26 anni orsono - col concepimento del “Manifesto per un’Europa libera e unita”, autentica Bibbia del federalismo europeo (quale è quella dei sedicenti federalisti di casa nostra, per caso le memorie di Umberto Bossi?). Il lungimirante documento dei tre noti sovversivi europeisti - un fuoriuscito dal Pci, un radicale ed un socialista ucciso per mano dei fascisti, sempre loro! - auspicava il superamento degli stati nazionali che avevano condotto l’umanità al disastroso secondo conflitto mondiale e l’avvento degli Stati Uniti d’Europa.
Dopo 75 anni siamo ancora qui ad aspettare, anche per demerito dei detrattori dell’Europa, da loro considerata un cancro da estirpare dal di dentro risucchiandolo a poco a poco e svuotandolo della sua pericolosa natura. E col contributo degli opinion leaders supini a Salvini, che fa pure rima. L’equilibrio del terrore fra Nato e Patto di Varsavia, che ha provocato per loro stessa ammissione vari conflitti dentro e fuori dell’Europa, con l’attuazione della CED - Comunità Europea di Difesa - non avrebbe avuto motivo d’essere. Ma i francesi (ah, questi cugini d’Oltralpe!) si opposero, e chissà non sia per redimere i connazionali che Emmanuel Macron, novello Jean Monnet, altro francese padre putativo dell’Europa, si è posto alla testa dei sostenitori dell’integrazione europea e pertanto è inviso agli antieuropeisti sparsi un po’ ovunque.
Le guerre intestine nella ex Jugoslavia (toh, uno stato federale pacifico e non allineato) ed in Ucraina, senza scordare il pluridecennale conflitto nord-irlandese e i moti indipendentisti nei Paesi baschi ed in Corsica, sono avvenute anche per la mancanza dell’unità europea e, guarda caso, gli stati implicati bussano adesso tutti alle porte dell’Ue per entrare a farvi parte. Chissà come mai? E la Germania vincerà di sicuro la guerra economica, ma sul piano politico è un peso morto, né più né meno come gli altri suoi partner europei.
Gli stati nazionali europei sono ora più che mai polvere senza sostanza, come profetizzava oltre 70 anni fa Luigi Einaudi, secondo presidente della Repubblica, e saranno destinati ad una fine ingloriosa salvo un salto di qualità verso una dimensione all’altezza dei tempi, in un mondo dominato non più soltanto dalle potenze tradizionali, ma pure dai Paesi emergenti sul piano socio-economico (Brasile, india, Giappone, e via elencando).
I fatti sono questi, Socci, togliete le fette di salame dagli occhi riconoscendo che la vera emergenza non è quella dei flussi migratori, peraltro destinati a protrarsi chissà fino a quando, stante la situazione demografica che penalizza il nostro continente, bensì il futuro della generazione Erasmus, uno dei progetti meglio concepiti e riusciti a livello sovranazionale in Europa. I giovani d’oggi, che hanno una mentalità molto più aperta e flessibile rispetto a chi li ha preceduti, meritano un avvenire migliore del presente e ricco di soddisfazioni. Per i lecchini di Salvini la risposta giusta per loro è il sovranismo e la chiusura nei propri ristretti confini, fisici e mentali, per noi lecchini dell’Ue sono invece proprio gli Stati Uniti d’Europa vaticinati da Spinelli e dai federalisti europei della prima ora, non certo da quelli tiepidi che fanno della politica intergovernativa il loro scudo o, peggio, da chi si è riempito la bocca con la parola federalismo, con cui si è fatto spesso i gargarismi dopo aver sproloquiato in pubblico. Evviva l’Europa Libera e Unita e i suoi fans, abbasso i suoi avversari e la Libera Stampa che li sostiene.
(*) Antonio Socci: "Cari lecchini progressisti, ecco la verità sull'Unione europea", Libero, 4 settembre 2018