Mentre stiamo lentamente uscendo dalla fase acuta della crisi sanitaria – indotta dalla pandemia di Covid-19 – l’attenzione si sta concentrando piuttosto sull’attenuazione dei danni socioeconomici. Dovendo adottare un pacchetto ambizioso a articolato che combina il tradizionale Quadro finanziario pluriennale dell’Unione europea (QFP) con uno sforzo straordinario per la ripresa (Recovery Fund-Next Generation EU), quello del luglio 2020, si è rivelato un Consiglio europeo particolarmente impegnativo. L’impossibilità di trovare un accordo nel week end (17-18 luglio) ha portato a un’estensione del vertice al lunedì (20 luglio). Infine, alle 5,32 del martedi (21 luglio), dopo l’ennesima notte di trattative di un negoziato laborioso, i leader europei hanno approvato per acclamazione e applauso finale il testo di un vertice (combattuto fino all’ultimo, che in più di un’occasione è arrivato a un passo dal fallimento) risolto nell’ennesimo incontro sulle riforme tra Conte e Rutte, guidati da Merkel e Macron (con il loro riavvicinamento del 18 maggio, la cancelliera tedesca – rompendo l’alleanza tradizionale con i Paesi del rigore di bilancio – ha fornito il suo sostegno alla creazione di un prestito comunitario, al fine di organizzare nuovi trasferimenti verso gli Stati messi a dura prova dal virus Covid -19).
Raggiungendo un risultato - solo 7 mesi fa impensabile - l'Europa ha avuto la meglio sulle divisioni tra Paesi frugali, i paesi del gruppo di Visegrad, i Paesi mediterranei, e l'asse franco.tedesco. In definitiva, si è costituita una alleanza di Paesi (e di governi) - che hanno condiviso l’idea che l’interesse nazionale coincide con l’interesse europeo – che ha messo in minoranza i governi “frugali”. Superata una serie di tabù (a partire da quello dell'austerità e del rifiuto di eurobond), l'attribuzione delle risorse (aiuti e prestiti) ai Paesi in difficoltà sarà condizionato al rispetto delle priorità dalla Commissione europea fissate nelle “Comunicazioni” del 27 maggio (transizione ecologica, digitalizzazione e resilienza del sistema pubblico, economico e sociale ivi compresa l’efficienza del sistema sanitario) e nelle sue Raccomandazioni specifiche per Paese; oltre che alla protezione del bilancio dell’Unione europea e lotta alle frodi.
Ma, a quanto ammontano il Recovery Fund e il Bilancio UE 2021-2027, delineati in questo Accordo? Cosa si prevede per la governance? Quali sono le priorità (e linee rosse) dal Parlamento europeo ribadite nella sua Risoluzione del 23 luglio 2020 sulle Conclusioni di questo vertice? Questi e altri i quesiti cui, qui, si tenterà di dare una risposta.
I. CIO' CHE E' STATO DECISO - Esprimendo la volontà di salvaguardare la loro unione, i paesi membri hanno gettato le fondamenta della nuova Europa! L’Accordo (intanto che il Patto di stabilità è sospeso) fa cadere il tabu’ austerity, a tutti i costi. Consente un indebitamento europeo comune (cioè emissioni di debito comune – la Commissione europea raccoglierà denaro attraverso eurobond): e i soldi saranno distribuiti (a tranche) ai paesi maggiormente colpiti dal Covid, sotto forma di aiuti da non rimborsare, e prestiti a tassi nulli. Fa nascere l’embrione di un bilancio federale: i soldi saranno versati direttamente dal bilancio Ue. I paesi “frugali” incassano forti sconti e un controllo light ma danno il via libera al Recovery Fund (ridefinito Next Generation Eu ) destinato in particolare a Italia e Spagna.
Può dunque vedere la luce un Piano straordinario di rilancio - da 750 miliardi - per salvare dal tracollo finanziario i paesi più colpiti dal Covid. Soldi che saranno reperiti da Bruxelles tramite gli Eurobond. “I fondi supplementari – si legge nelle Conclusioni del vertice – generati dai prestiti contratti dall’UE saranno erogati sotto forma di sovvenzioni e prestiti attraverso gli strumenti e i programmi del Quadro Finanziario Pluriennale. Ciò è garanzia di uniformità e coerenza. Sia Next Generation EU che il QFP contribuiranno a trasformare l’UE attraverso le sue principali politiche, in particolare il Green Deal europeo, la rivoluzione digitale e la resilienza”. Next Generation EU e Quadro finanziario pluriennale (rafforzato dal Next Generation EU) “sono indissociabili”. “In virtù della decisione sulle risorse proprie” e “al fine di dotare l’Unione dei mezzi necessari per affrontare le sfide poste dalla pandemia di Covid-19, la Commissione sarà autorizzata a contrarre prestiti, per conto dell’Unione, sui mercati dei capitali. Gli importi saranno trasferiti ai programmi dell’Unione in conformità di Next Generation EU” (il 30% dell’importo totale della spesa a titolo del QFP e di Next Generation EU andrà all’obiettivo climatico).
E’ un passo storico per l’Unione, che cambia le politiche economiche del continente, al termine di un summit che, entrato nel quinto giorno di trattative, supera per lunghezza il record di quattro giorni e quattro notti di colloqui del vertice di Nizza del 2000.
“Deal!”, scrive il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel su Twitter. E pochi minuti dopo dichiara: “Ce l’abbiamo fatta, l’Europa è forte ed unita”. “E’ un ottimo accordo, e accordo giusto”, ha commentato visibilmente soddisfatto. “Ed è un segno concreto che l’Europa è una forza in azione”, ha aggiunto Michel. “Abbiamo conseguito questo risultato tutelando la dignità del nostro Paese e l’autonomia delle istituzioni comunitarie” ha affermato il premier Giuseppe Conte – in conferenza stampa al termine del Consiglio europeo – aggiungendo: “Ora avremo una grande responsabilità: con 209 miliardi abbiamo la possibilità di far ripartire l’Italia con forza e cambiare volto al Paese. Ora dobbiamo correre”. E il MES? “La mia posizione – ha precisato Conte – non è mai cambiata. Il Mes non è il nostro obiettivo. L’obiettivo è valutare il quadro di finanza pubblica e utilizzare tutti i piani che sono nell’interesse dell’Italia. Il piano che oggi approviamo ha assoluta priorità. Ci sono prestiti molto vantaggiosi”. Ad oggi, sul MES,in Italia, le posizioni rimangono incomprensibilmente (trattandosi di prestiti, a condizioni particolarmente vantaggiose, da destinare a spese sanitarie) distanti all’interno della stessa maggioranza.
Tornando all’UE, alla fine anche i Paesi frugali devono prendere atto che non c’è alternativa a un nuovo modello di Europa. Ora occorre insistere per arrivare ad una struttura politica diversa, basata più sulla Commissione, sul livello comunitario, e meno sul veti degli Stati membri È un processo ormai ineludibile. Stiamo sconfiggendo i sovranisti. Alla fine, l’UE ce l’ha fatta. Conciliando posizioni distanti, l’accordo sul Recovery Fund – ridefinito Next generation EU – è stato raggiunto. Ma cosa prevede?
a. Al centro dell’intesa un Piano da 750 miliardi di euro – E’ la cifra inizialmente proposta dalla Commissione europea, e successivamente difesa da Francia, Germania e anche l’Italia. E’ stata suddivisa tra 390 miliardi di trasferimenti (vs i 500 inizialmente proposti) e 360 miliardi di prestiti (vs i 250 miliardi, inizialmente proposti).
Per ottenere il consenso dei “frugali” (Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Svezia, Danimarca) è stato necessario rivedere la suddivisione di questi soldi tra prestiti e sovvenzioni. I prestiti sono saliti da 250 a 360 miliardi di euro, mentre i contributi a fondo perduto sono scesi da 500 a 390 miliardi. In cambio i “frugali” hanno ceduto il diritto di veto sui programmi di riforma delle singole nazioni. Inoltre i frugali hanno ottenuto anche un aumento degli sconti sui versamenti al bilancio comune, gli ormai noti rebates. Rutte potrà presentarsi ai suoi elettori come vincitore (nel 2021 in Olanda ci sono le elezioni). Amsterdam, per il prossimo Quadro finanziario pluriennale, al bilancio UE, verserà meno (quasi 2 miliardi di euro l’anno in meno). E lo stesso vale per Germania, Austria, Danimarca e Svezia. Inoltre, nella prima proposta si parlava di un abbassamento al 10% dei costi di raccolta delle risorse proprie UE tradizionali (fra cui ci sono i dazi doganali): brutto colpo per l’Olanda, che avrebbe visto una non indifferente riduzione del gettito all’Erario proveniente dal traffico merci del porto di Rotterdam (il più importante d’Europa). Nel Quadro finanziario pluriennale (2021-2027) – segnala l’Adnkronos – si parla invece di un aumento dei costi di raccolta dal 20 al 25%. Se un Paese è efficiente nella riscossione, trattenerne un quarto può creare una certa liquidità.
Roma, assieme a Madrid, sarà la maggiore beneficiaria del fondo. In pratica, in virtù dell’accordo trovato, a Roma andranno 209 miliardi, quindi, più soldi di quelli inizialmente previsti dalla Commissione UE (173 miliardi di euro) di cui:
• 81,4 miliardi come aiuti a fondo perduto;
• 127,4 miliardi come prestiti da dedicare all’implementazione delle riforme che seguano le “priorità” (Green Deal e transizione digitale) e le “raccomandazioni” dell’Unione Europea.
I trasferimenti diretti sono scesi in maniera impercettibile, mentre i prestiti sono aumentati in maniera decisa. Ma perché? Come fatto notare da Il Corriere, l’intesa sul Recovery ha previsto che una quota degli aiuti verrà divisa sulla base dell’andamento economico del biennio 2020-2021.
b. E il nodo governance? – Le decisioni verranno sempre e comunque prese dalla Commissione UE a maggioranza qualificata. Il premier Conte si è battuto per evitare il ruolo “decisivo” del Consiglio proponendo e infine ottenendo il suo coinvolgimento soft.
Il prossimo autunno ogni Paese presenterà il proprio piano nazionale di riforme al quale sarà subordinata la ricezione dei soldi del Recovery Fund. Ciascun Piano verrà esaminato dalla Commissione europea che entro due mesi deciderà se dare o meno il via libera con votazione a maggioranza qualificata. Non è passato il diritto di veto richiesto dagli olandesi. Il freno di emergenza che permetterebbe di congelare i fondi verso i Paesi che si discostano troppo dalle indicazioni UE su come spendere i soldi ricevuti – proposto da Rutte – è entrato nell’intesa in maniera decisamente più light, ma (a danno della Commissione europea) resta la possibilità di bloccare il via libera di Bruxelles ai Piani nazionali di riforma – indispensabile per svincolare gli aiuti UE – chiamando in causa il giudizio del Consiglio europeo. Il Consiglio europeo si è, pertanto, guadagnato il diritto di “discutere la questione in modo esauriente” nel caso in cui uno o più governi nazionali mostrassero preoccupazioni. Ma questo metodo di controllo non altera l’equilibrio istituzionale. E non compromette la posizione della Commissione europea. Lo ribadisce un Parere legale allegato alle conclusioni: il freno “non tocca i poteri che i Trattati conferiscono alla Commissione nel potere di validare e autorizzare gli esborsi”. E il meccanismo è stato limitato nel tempo.
Nel testo finale si legge che i capi di Stato e di Governo dell’Unione europea dovrebbero “di regola” impiegare non più di tre mesi per rispondere a qualsiasi reclamo. La decisione finale è lasciata formalmente nelle mani della Commissione europea. Inoltre, per bloccare i soldi destinati all’Italia, sarà necessario un 35%: ad esempio, i nordici + un Paese di medie/grandi dimensioni. E il duro monitoraggio politico (il freno di emergenza) - nel caso dovesse arrivare in Italia un governo illiberale e antieuropeo - è visto anche come una sorta di di clausola anti-sovranisti, e di garanzia “anti-Salvini”. Intanto, Salvini e Wilders (per quanto alleati al Parlamento europeo) non sono dello stesso avviso. Per il leghista, l’Accordo è “una resa senza condizioni”. Per l’olandese , l’Italia “ha ricevuto 82 miliardi che pagheremo noi grazie alle ginocchia molli di Rutte”.
Ciò detto, è evidente un aspetto intergovernativo del meccanismo, a discapito del metodo comunitario.
c. Le novità dell’Accordo – Riassumendo, le novità pensate dal Consiglio europeo per rilanciare l’economia del Vecchio Continente sono le seguenti:
• Dotazione complessiva di 750 miliardi di euro
• Prestiti: 360 miliardi
• Sovvenzioni: 390 miliardi
• Aumento dei rebates
• Decisioni alla Commissione europea UE
• Ruolo del Consiglio solo “esaustivo”
• Freno di emergenza light
• Voto a maggioranza qualificata
• Bilancio UE (cioè Quadro finanziario pluriennale-QFP 2021-2027 rafforzato dal Next Generation EU) a €1.074 miliardi e 330 milioni di euro. E’ una cifra leggermente inferiore a quella del febbraio 2019 (su cui non fu raggiunto un accordo). E – si legge nelle Conclusioni del vertice – “non vi è alcun riesame intermedio del QFP”. Nella proposta di febbraio è stata introdotta una serie di misure di accresciuta flessibilità nei settori della coesione e dell’agricoltura. Nei prossimi anni si lavorerà a una riforma del sistema delle risorse proprie dell’UE per nuove risorse proprie. In merito, quali prime tappe vengono indicate: una nuova risorsa propria basata sui “rifiuti di plastica non riciclati” (dal 1°gennaio 2021); proposte che la Commissione europea presenterà per un “meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera”, “un prelievo sul digitale”, una revisione del Sistema di scambio di quote di emissioni climalteranti “eventualmente estendendolo al trasporto aereo e marittimo”, e altre risorse proprie (un'”imposta sulle transazioni finanziarie” ecc.). Le entrate serviranno per un rimborso anticipato dei prestiti Next generation EU. “E’ opportuno – recitano le conclusioni del Vertice – accrescere ulteriormente il ruolo svolto dal bilancio dell’UE per sostenere l’attuazione effettiva degli ampi obiettivi strategici dell’UE, in particolare rafforzando il legame tra il bilancio dell’UE e il Semestre europeo compresa l’agevolazione dell’attuazione del Pilastro europeo dei diritti sociali, nonché nei settori della migrazione, dell’ambiente e dei cambiamenti climatici e della parità tra donne e uomini, come pure dei diritti e delle pari opportunità per tutti”. Occorre – si legge nelle Conclusioni – “assicurare un approccio globale alla migrazione che combini un controllo più efficace delle frontiere esterne dell’UE, il rafforzamento dell’azione sterna e la dimensione interna, in linea con i principi e i valori dell’UE”. Il 30% delle spese totali (QFP e Next Generation EU) andranno alla lotta ai cambiamenti climatici. Il QFP è articolato per RUBRICHE: (1) Mercato unico, innovazione e Agenda digitale, in cui rientrano i grandi progetti (Orizzonte Europa, InvestEU, Meccanismo per collegare l’Europa, Programma Europa digitale relativo a capacità digitali strategiche fondamentali, intelligenza artificiale e cibersicurezza) e il nuovo programma spaziale europeo. (2) Coesione (economica sociale e territoriale), resilienza e valori che si sofferma sui Fondi strutturali dell’Unione (risorse, metodo di ripartizione fra le regioni, metodo di assegnazione per gli stati membri ammissibili al Fondi di coesione, e per le regioni ultraperiferiche, disposizioni sulle dotazioni supplementari, tassi di cofinanziamento, regole di disimpegno, concentrazione tematica del FESR,sostegno alla comunità turco-cipriota, investimenti nelle persone nella coesione e nei valori tramite FSE e Erasmus, un programma Salute, Europa creativa, il programma giustuizia) (3) Risorse naturali e ambiente, i cui finanziamenti dovranno creare valore aggiunto attraversi “una politica Agricola,marittima e della pesca modernizzata e Sostenibile nonchè portando avanti l’azione per il clima e promuovendo la tutela dell’ambiente e della biodiversità (4) Migrazione e gestione delle frontiere (5) Sicurezza e difesa (6) Vicinato e resto del mondo (7) Pubblica amministrazione europea
• Stato di diritto: “Il Consiglio – recitano le sue conclusioni – sottolinea l’importanza del rispetto dello Stato di diritto”. Dinanzi alla spinta per introdurre condizioni più rigide per il rispetto dello stato di diritto ha indotto il primo ministro ungherese, Viktor Orban, ha minacciato un veto per bloccare l’intero pacchetto europeo.
• Cosa hanno colpito gli ulteriori tagli al QFP? Per mettere d’accordo due schieramenti (il blocco dei 22 e i 5 ribelli “frugali”) dopo 92 ore di maratona negoziale si è dovuto sforbiciare qua e là. Sono stati tagliati i fondi per i programmi comunitari Horizon Europe sulla ricerca scientifica (passato da 13,5 a 5 miliardi ) quelli di InvestEU sugli investimenti strategici (abbattuto da 30,3 a 5,6 miliardi ) quelli del Just Transition Fund sul clima ( da 30 a 10 miliardi, caduto nel vuoto l’appello di Greta Thunberg ai leader ). E si è cancellato il programma per la salute Eu4Health ( inizialmente finanziato con 7,7 miliardi) nell’anno del Covid.
II. LA REAZIONE DEL PARLAMENTO EUROPEO - Come ha reagito il Parlamento europeo - che in una sua precedente Risoluzione, sul bilancio UE post 2020 e sulle proposte per la ripresa, ha chieso un piano da 2.000 miliardi - a questo Accordo del Consiglio europeo (17-20 luglio 2020)? “Mossa storica, ma inaccettabili i tagli al bilancio”: precisa la sua “Risoluzione del 23 luglio 2020 - sulle Conclusioni del vertice - che non risparmia critiche e richieste di modifiche soprattuto sul fronte del bilancio UE.
Per l’Italia, che è la maggiore beneficiaria netta degli aiuti Ue, Pd e M5s hanno votato a favore, mentre Fdi e Lega si sono astenute. “Per loro vengono prima i sovranisti dell’Italia”, ha attaccato l’eurodeputata M5s Laura Ferrara. Forza Italia, che fin dall’inizio ha mostrato aperture alla maggioranza e al premier Giuseppe Conte, ha invece votato a favore. In totale ci sono stati 465 si, 150 no e 67 astenuti.
a. Il dibattito in aula - “La solidarietà è tornata a casa. E noi siamo molto contenti di questo segnale”. Così ha esordito Manfred Weber, capogruppo Ppe al Parlamento europeo, aprendo gli interventi dell’emiciclo sulle conclusioni del Consiglio europeo dei giorni scorsi. Weber segnala però delle debolezze: il Quadro finanziario pluriennale “non dà risposta alle sfide europee dei prossimi sette anni” ma anzi, ha “incredibili tagli” a temi vitali come sanità, innovazione, difesa, Africa e vicinato. E poi: “L’Europa non è un bancomat” e i soldi erogati devono essere usati dai Paesi per obiettivi che siano europei e non di mero interesse nazionale. E poi ancora: il legame dei finanziamenti con il rispetto dello stato di diritto non è chiaro e sta generando molta confusione. “Siamo pronti a cercare soluzioni”, conclude.
“La presidente del gruppo Socialisti e democratici Iratxe Garcia Perez invece, ha parlato di un accordo che “passerà agli annali della costruzione europea. Per la prima volta nella storia dell’Unione, gli Stati membri hanno concordato l’emissione di debito comune, qualcosa di impensabile qualche mese fa”. E, ha aggiunto, “è stato questo Parlamento quello che ha dato avvio a questa proposta e dobbiamo sentirci orgogliosi in quanto istituzione”. Nel suo intervento, l’eurodeputata socialista ha promesso però battaglia sul Bilancio pluriennale: “Non condividiamo lo stesso ottimismo” che c’è sul Recovery Fund “in materia di proposta per il Quadro finanziario pluriennale. Gli S&D non accetteranno i tagli previsti “per gli obiettivi a lungo termine, che devono invece portare a rafforzare la nostra indipendenza strategica”. E ancora – sottolinea - “nessun euro a chi non rispetta i valori di fondo dell’UE e lo Stato di diritto”.
Anche per Dacian Ciolos (Renew Europe) un nodo centrale è che la strategia sia realmente di “investimenti europei” e che quindi si faccia in modo che “i Programmi nazionali” che saranno finanziati con il Recovery fund, “integrino le priorità europee”.
I verdi denunciano il comportamento dei Paesi cosiddetti “frugali”. “I 4 frugali, gli avari, e i governi ungherese e polacco, gli pseudo-democratici, stanno avvelenando i loro cittadini con il nazionalismo, e stanno mettendo i cittadini europei gli uni contro gli altri. Prima di loro i conservatori britannici hanno seguito la stessa strada e abbiamo visto dove sono finiti”, ha detto il co-presidente del gruppo dei Verdi al Parlamento Ue, Philippe Lamberts. “Invece di voltare le spalle gli uni agli altri, noi europei abbiamo bisogno di stare assieme per garantire a tutti, adesso e in futuro, le condizioni di una vita dignitosa a tutti i nostri cittadini”. Le proposte della Commissione sono state “mutilate” e i meccanismi del piano sono troppo “fluidi”. Serve negoziare su “volumi, orientamenti e governance per il bene degli interessi generali”.
Per Roberts Zile (ECR) elementi di difficoltà sono che “i fondi non saranno subito disponibili con il rischio di risposta tardiva” rispetto alla crisi e che i programmi UE sono stati sacrificati nel QFP.
Anche il GUE è critico sui tagli ai finanziamenti su programmi che “avrebbero aiutato il mercato interno”. Secondo Martin Schirdewan “l’Europa ha perso una possibilità”.
Nel corso degli interventi degli eurodeputati, c'è stato chi ha parlaro di Accordo “paradigma dell’Europa che verrà” e chi ha criticato un Accordo che “contraendo un debito comune getta un fardello sulle spalle delle prossime generazioni”. C'è chi ha dato il benvenuto al debito comune e alla centralità dello stato di diritto e chi si è scagliato contro queste “ingerenze” nell’esercizio della sovranità degli stati, queste derive “da regime socialista”, denunciando che “le sanzioni sono imposte non per difformità rispetto alla giurisprudenza, ma solo sulla base di sospetti” (l’Ungherese del PPe Joszef Szajer).
b. Le priorità del Parlamento europeo - Per assicurare l’avvio dei programmi dal primo gennaio 2021, un accordo dev’essere raggiunto “al più tardi entro fine ottobre”. In quanto co-legislatore - autorità di bilancio - il Parlamento europeo (PE) non vuole rinunciare al suo diritto di veto sul Quadro finanziario pluriennale. E pone dei paletti.
Pur “accogliendo con favore l’accettazione da parte dei capi di Stato o di governo del Recovery fund" deplora "la riduzione della parte delle sovvenzioni” e "i tagli apportati ai programmi orientati al futuro, nell'ambito sia del QFP 2021-2027 sia di Next generation EU". Deplora "il fatto che troppo spesso l'adesione esclusiva a interessi e posizioni nazionali metta a rischio il conseguimento di soluzioni comuni che sono nell'interesse generale; avverte che i tagli al QFP contrastano con gli obiettivi dell'UE; ritiene, per esempio, che i tagli proposti ai programmi in materia di sanità e di ricerca rappresentino un pericolo nel contesto di una pandemia globale; è del parere che i tagli proposti all'istruzione, alla trasformazione digitale e all'innovazione pregiudichino il futuro della prossima generazione di europei; ritiene che i tagli proposti ai programmi che sostengono la transizione delle regioni dipendenti dal carbonio siano in contrasto con l'agenda del Green Deal dell'UE; reputa che i tagli proposti in materia di asilo, migrazione e gestione delle frontiere mettano a rischio la posizione dell'UE in un mondo sempre più instabile e incerto". Quanto al bilancio europeo a lungo termine lo si vuole quindi più “ambizioso” e senza tagli a Erasmus, ricerca, difesa, migrazione e asilo. Il PE "intende negoziare rafforzamenti mirati dei Programmi faro dell'UE nel prossimo QFP".
Inoltre, si oppone alla posizione del Consiglio europeo sulla governance del dispositivo per la ripresa e la resilienza, che si discosta dal metodo comunitario provilegiando un approccio intergovernativo.
E ritiene che "il rimborso del debito contratto non debba essere a carico dei futuri bilanci dell'UE e delle future generazioni di europei": non a caso tra le sue linee rosse c'è quella sulle nuove risorse proprie.
Punto, quest'ultimo, sul quale il 22 luglio il presidente David Sassoli è stato chiaro, chiedendo “un calendario preciso di introduzione di almeno due risorse proprie per il 2021 – la tassa sulla plastica e quella sull’Ets – e la calendarizzazione delle nuove". Seguendo la sua Risoluzione del 23 luglio, per il PE, la riforma del Sistema delle risorse proprie “dovrebbe includere un paniere di nuove risorse proprie che confluirà nel bilancio a partirer dal 1° gennaio 2021”. La plastica rappresenta solo un primo passo parziale. Il PE “intende negoziare un calendario giuridicamente vincolante che dovrà essere approvato dall'autorità di bilancio, per l'introduzione di nuove risorse proprie aggiuntive nel corso della prima metà del prossimo QFP, quali il Sistema di scambio di quote di emissione dell'UE (e gli introiti derivanti da futuri allargamenti), il meccanismo di adeguamento del carbonio alla frontiera, un prelievo sul digitale, l'inposta sulle transazioni finanziarie e la base imponibile consolìdata comune per l'imposta sulle società”.
Il Parlamento UE propone inoltre un suo coinvolgimento sul Piano di rilancio, una discussione più ampia sui rebates (gli europarlamentari ribadiscono la loro ferma posizione a favore dell'eliminazione di tutte le conpensazioni e i meccanismi correttivi), e un rafforzamento dello strumento che dovrebbe collegare i fondi UE al rispetto dello Sato di diritto.