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Europa in Movimento

| Verso un'Europa federale e solidale

Volantino della Gioventù Federalista Europea per l'evento dei 4 presidenti

Il 14 settembre scorso la presidentessa della Camera Laura Boldrini ha firmato una dichiarazione ("Più integrazione europea, la strada da percorrere") insieme al suo omologo tedesco Norbert Lammer, a quello francese Claude Bartolone ed a quello lussemburghese Mars Di Bartolomeo, che supporta un’evoluzione istituzionale dell’Unione Europea, consistente in una maggiore integrazione che potrebbe portare anche ad uno Stato Federale.
Tale presa di posizione potrebbe aprire una nuova stagione per la casa comune europea, dopo quella dello stallo del processo di integrazione, dei trattati bocciati e della costituzione rigettata e dopo quella delle crisi finanziarie, del debito e dei migranti.

E’ indubbio che in Italia ed in molti paesi europei vi sono molti e validi federalisti, però spesso quando questi assumono incarichi politici nazionali non si spendono molto per la causa federale. Laura Boldrini non è una di questi, da quando ha assunto la presidenza della Camera non ha smesso di sostenere la necessità di riformare l’Unione Europea per ritornare all’originario disegno dei padri fondatori.
Dopo la delusione generata dalla relazione dei cinque presidenti ("Completare l’Unione Economica e Monetaria dell’Europa" di Juncker, Tusk, Dijsselbloem, Schulz e Draghi) un capolavoro di tatticismo e temporeggiamento, arriva la speranza per la dichiarazione di quattro presidenti di istituzioni non comunitarie, ma nazionali.
Oggi sembra che ci siano più federalisti nei palazzi dei vecchi Stati nazione che in quelli di Bruxelles.I quattro alfieri nazionali del federalismo potrebbero trovare una valida sponda nell’ancora troppo timido Jean Claude Juncker, che pochi giorni fa, con il suo discorso sullo Stato dell’Unione ha provato a fare il leader: ha affermato che nessuno dei paesi dell’UE si può sottrarre alla responsabilità collettiva di fronte alle epocali migrazioni di questi mesi; ha chiesto di andare avanti sul rafforzamento dell’azione dell’UE sullo scenario internazionale ed ha affermato che in futuro potrebbe essere creato un vero e proprio ministero UE dell’economia. Aperture alla federazione in piccole dosi? Può essere, di certo non possiamo aspettarci di più da parte degli altri presidenti: Draghi non ha un mandato politico che lo legittima a sostenere riforme istituzionali, Schulz non è federalista ma ritiene che l’UE debba evolversi in qualcosa di totalmente nuovo e diverso dalle federazioni e dalle organizzazioni esistenti e, per il momento, Tusk e Dijsselbloem sembrano più interessati al mantenimento di equilibri esistenti che al cambiamento.

Per la presidentessa Boldrini e per i colleghi francese, tedesco e lussemburghese proseguire con l’integrazione è una necessità. O si va avanti o si ritorna indietro. Negli anni della stagnazione abbiamo avuto la dimostrazione che l’Unione non può essere riformata con la politica dei piccoli passi, con emendamenti circostanziati dei trattati, oppure addirittura a trattati costanti. Dopo anni di affanno istituzionale, l’Unione, che nel frattempo si era allargata oltre la vecchia cortina di ferro, è stata messa a dura prova da una serie senza fine di difficoltà: la crisi finanziaria seguita al tracollo di Lehman Brothers, la recessione globale, la “sorpresa” del buco nei conti di Atene, il collasso del sistema bancario irlandese e di quello spagnolo, i problemi di Cipro, l’Italia a un passo dal baratro, il default della Grecia, il terrorismo ed il dramma dei migranti. Sono stati tanti i momenti drammatici, che il periodo iniziato nel 2008 non può più essere definito fase delle emergenze, è più giusto parlare di fase dell’inadeguatezza. Le istituzioni dell’Unione Europea e i governi nazionali dei paesi europei, non sono in grado di rispondere a quelle che il presidente della GFE Giulio Saputo definisce sfide della contemporaneità. E chiaro che da questa pericolosa situazione si esce solo con una modifica dei trattati e con una costituzione federale.

Per la presidentessa Boldrini e per i suoi tre colleghi la strada però è difficile. E la più grande delle difficoltà è mettere d’accordo tanti paesi e tanti governi diversi. Come affermano autorevolmente federalisti di grande esperienza parlamentare a Bruxelles quali Guy Verhofstadt e Daniel Cohn Bendit, fondatori del Gruppo Spinelli, è necessario partire con una federazione anche di pochi Stati, poi non è detto che, come successo con la CEE, molti paesi scettici non si ricredano. Di certo oggi non vi sono le condizioni per fare una federazione di 28 Stati: sarebbe quindi auspicabile una proposta di federazione tra i sei paesi fondatori e tutti i paesi che adottano l’euro e che condividano una visione federale. Se, per esempio, questa proposta intercettasse anche i favori della Spagna gran parte dell’area euro in termini di Pil e popolazione sarebbe ricondotta nei confini della federazione. Quindi federazione con chi ci sta. L’ipotesi che i sei paesi fondatori dopo molti decenni si muovano all’unisono per la federazione è suggestiva. Certo un’azione dei sei paesi fondatori avrebbe un significato profondamente simbolico anche se sarebbeun po’ meno comprensibile sotto il profilo economico: tuttavia tutte le grandi battaglie politiche necessitano di simboli. Speriamo che, sull'onda della riunione romana, anche un rappresentante della camera bassa del Belgio ed uno dell’Olanda vogliano aderire alla dichiarazione dei quattro presidenti. In questo modo il 2015 potrebbe essere ricordato come l’anno zero del federalismo.

Autore
Salvatore Sinagra
Author: Salvatore Sinagra
Bio
Nato a Palermo nel 1984. Laureato in Economia e legislazione per l’impresa all’Università Bocconi. Vive a Milano. Si occupa di valutazione di partecipazioni industriali e finanziarie. È un convinto sostenitore del federalismo europeo e della necessità di piani di investimento europei che rilancino il tessuto industriale europeo puntando sulle nuove tecnologie. E' membro del comitato centrale del Movimento Federalista Europeo dal 2015.
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