Al Ministro degli Interni Matteo Salvini,
sono un giovane studente nero, e ci tengo a precisarlo, a tutti gli effetti italiano.
Con questa mia lettera, la prego d’accogliere il mandato istituzionale che i cittadini italiani le hanno concesso, la prego, ancora, d’abbandonare gli strali da campagna elettorale.
Le elezioni le ha vinte, faccia, dunque, il Ministro e non il politico in cerca di voti.
Lei in quanto responsabile del Viminale ed esponente del Consiglio dei Ministri ha sulle spalle un’enorme responsabilità, che non si traduce solo nel conseguire i punti programmatici del contratto che ha stipulato con i suoi alleati di Governo, ma si traduce anche, anzitutto, come ruolo guida nei confronti della cittadinanza.
E le sue ultime dichiarazioni non vanno in questa direzione, non perseguono l’interesse nazionale, anzi stanno letteralmente inclinando in maniera pericolosa l’assetto sociale.
Le mie non sono parole dettate dalla mia apparente percezione.
Riscontro, sempre, nella realtà sulla mia nera pelle cosa significa vivere questo clima: gli storti sguardi e la conseguente diffidenza non originata da motivi precisi, ma accolta semplicemente in nome della mia diversità. Le posso assicurare che fa davvero male e ancor di più se proveniente dai mie stessi concittadini.
Nei bar, per strada, in treno e soprattutto in rete entro, fortunatamente, indirettamente, in commenti rivolti alle minoranze, e il più delle volte si rivelano essere opinioni passibili di denuncia penale.
Giusto per esemplificare, ho sentito e molto spesso letto l’augurio di morte ad un’intera “categoria” di persone. Ebbene, io mi auguro che il mio Paese non accolga tale sentimento d’odio indiscriminato, e sono convito che anche lei abbia questa aspirazione.
Non mi sento di assoggettarle la colpa dell’atmosfera che si respira in Italia, e non solo, in questi ultimi anni, tuttavia ha assunto negli ultimi tempi un ministero importante e dunque ha il compito di aggregare le persone e non l’effetto opposto di disgregazione.
La prego, quindi, Ministro si ricordi e tenga conto, nel suo lavoro, anche dell’esistenza delle minoranze, perché purtroppo ci siamo ed esistiamo anche noi.
Buon lavoro,
Aziz Sawadogo