“Qual è il più grande risultato raggiunto in ormai 60 anni di integrazione europea? Cosa ha contraddistinto la nostra esperienza comune dopo le due guerre civili europee del XX secolo? I diritti fondamentali. La loro tutela. La loro promozione. È questa la vera essenza dell'identità europea: libertà, eguaglianza e fratellanza”.
E’ il testo introduttivo dell’intervento congiunto di ministri e segretari di Stato per gli Affari esteri di Grecia. Belgio, Portogallo, Olanda, Italia, Francia e Lussemburgo (1) che ha trovato a Roma a Palazzo Madama un momento dedicato a «Europa: Stato di diritto e Stato dei diritti» alla presenza del presidente del Senato italiano Pietro Grasso; Giuliano Amato, Emma Bonino, Michael O' Flaherty, direttore dell'Agenzia dell'Unione Europea per i diritti fondamentali e rappresentanti degli altri Stati membri.
“La solidarietà tra gli Stati membri non è un'opzione. È una responsabilità condivisa, un principio fondamentale e un valore fondante. Siamo impegnati nel gestire i flussi alle frontiere esterne, sosteniamo gli sforzi di reinsediamento e ri-locazione, ma prima di tutto vogliamo preservare la vita e i diritti di tutti, e in particolare delle persone più bisognose, che sono in fuga da guerre e persecuzioni. Chiedere il rispetto dello Stato di diritto non è una «intrusione esterna», ma l'osservanza di una condizione basilare per l'ingresso nell'Unione”.
Parole che giungono l’indomani della sconfitta del premier ungherese Viktor Orban nel referendum sui migranti. Il populismo non ha pagato ma non è una vittoria per l’Europa se in discussione vengono messi i diritti fondamentali prima evidenziati.
Orban aveva chiesto il “consenso” a non prendersi quote decise dall’Unione per ri-locare i rifugiati in Europa: «Volete che l’Unione europea possa prescrivere l’insediamento obbligatorio di cittadini non ungheresi anche senza il consenso del Parlamento nazionale?». Ma il popolo magiaro ha disertato le urne, dove si è presentato il 43,42% (3,1 milioni) dei cittadini aventi diritto; di questi il 98% ha optato per il «no» ai migranti.
Il mancato plebiscito doveva servire ad Orban per avanzare ulteriori pretese nei confronti dell’Unione, per mettersi ancora a “dirigere” il fronte dei Paesi del gruppo di Visegrad, da sbandierare a Bruxelles per rivendicare una totale revisione delle politiche comunitarie sui flussi migratori.
La memoria è corta. Il Consiglio di Stato, con sentenza del 27 settembre (n. 4004/2016), si è spinta fino a bloccare il trasferimento verso l’Ungheria di un cittadino non dell’Unione, richiedente asilo, in quanto “Stato non sicuro” e hanno fermato l’allontanamento verso Budapest. È la prima volta che accade nei confronti dell’Ungheria. I valori fondanti dell’Unione sono messi in discussione.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea è dimenticata.
La calata agli inferi di alcuni Paesi dell’Unione in tema di immigrazione e di asilo è una gravissima lesione ai principi di democrazia presenti nello spirito del nostro cammino.
Questo ennesimo referendum, mette ancora in guardia l’Unione (dopo la Brexit) e verso gli appuntamenti prossimi che a breve vedrà l’Austria per poi accomodarsi in Francia e Germania, un palcoscenico in pieno euroscetticismo. Per avere senso storico bisogna abbandonare i “vecchi fardelli” che angosciano il progresso e la crescita delle nostre comunità nazionali nel consesso della comunità europea. Se i governi nazionali vogliono davvero proseguire verso una maggiore integrazione, che porti ad una vera comunità politica, è necessario un salto di qualità, "con chi ci sta" senza attendere le zavorre degli egoismi nazionali che rischiano di trascinare sul fondo tutta la nostra Unione.
Approfondimenti:
1) “Lo stato di diritto europeo va difeso", pubblicato il 3 ottobre, sul Corriere della sera, è stato firmato da: Jean Asselborn, Ministro degli Affari esteri ed europei del Lussemburgo, Harlem Désir, Ministro degli Affari Europei della Francia, Sandro Gozi, Sottosegretario agli Affari e Politiche europee dell'Italia, Bert Koenders, Ministro degli Affari Esteri ed europei dell'Olanda, Margarida Marques, Segretario di Stato per gli Affari europei del Portogallo, Didier Reynders, Ministro degli Esteri del Belgio e Nikos Xydakis, Ministro per gli AffariEuropei della Grecia.