“Erdogan alza il prezzo, l’Europa si divide ma sostanzialmente abbozza. Perché non ha alternative. Ha bisogno della Turchia per mimetizzare la sua assoluta incapacità di governare la crisi: deve quindi esportarla nella speranza di risolverla al più presto, perché ogni giorno che passa senza una soluzione credibile erode la tenuta dei Governi europei.” Sono le parole usate da Adriana Cerretelli sul Sole 24 ore di oggi.
Le notizie che vengono dal vertice UE di Bruxelles sono stupefacenti. Il ricatto è in corso. Sappiamo della contropartita “tecnica” ai 3, pardon, 6 miliardi di euro richiesti dal Governo turco fino al 2018 per arginare la crisi del “malgoverno” o meglio del “nongoverno” della UE: la Turchia sarebbe pronta a “riprendersi” dalla Grecia non solo i migranti economici ma anche i potenziali rifugiati, mentre per quanto riguarda i siriani (in fuga dalla guerra civile) sarebbe pronto una specie di “scambio alla pari” (i siriani arrivati in Grecia verrebbero rimandati in Turchia, mentre quelli già in Turchia verrebbero ricollocati in Europa).
Altra contropartita, Ankara vuole “viaggiare” libera in Europa, non vuole che venga chiesto il visto ai suoi cittadini, già da giugno (coi francesi in prima fila di traverso), e in più, vuole una accelerazione del negoziato all’ingresso nell'UE.
Roberto Toscano, diplomatico e scrittore, già Ambasciatore in Iran e India ha ben individuato, su Repubblica di oggi, come nel fare politica, ci sono due modi, in particolare in politica estera: “Il primo consiste nell'analizzare gli elementi di una situazione rapportandoli ai propri obiettivi e predisponendo strategie e tattiche. Il secondo consiste nel vivere alla giornata, rinviando le decisioni nella speranza di potere indefinitamente eludere i problemi. Poi, una volta scoppiate le crisi, si reagisce in modo scomposto sulla base del panico e con una sostanziale perdita di controllo. È doloroso ma inevitabile constatare che di fronte alle più drammatiche sfide del nostro tempo, dalla crisi economico-finanziaria alla sicurezza alle migrazioni, il modo di fare politica dell'Unione Europea ricade nella seconda categoria”.
Ma un obiettivo l'UE in questa operazione se lo è posto, emerge in tutta evidenza, a parere di chi scrive. Fortezza Europa dispiega le sue ali per volare via e volta le spalle e si mostra ostile a chi è in pericolo di vita, lasciando la gestione alla Turchia di Erdogan di 2,5 milioni di profughi e di convincere i migranti a non affrontare il Mediterraneo verso l'Europa.
Ricorda Goffredo Buccini sul Corriere della sera di oggi che lo scorso ottobre Werner Faymann, cancelliere socialdemocratico austriaco, visitando due campi di rifugiati in Grecia, commosse Tsipras per la «faccia solidale» che gli stava mostrando e attaccò Viktor Orbàn, il premier ungherese xenofobo sospettato di derive fascistoidi: «E' un irresponsabile quando dice che i profughi sono tutti migranti economici!». Ma la trasformazione in democrazia (a quanto pare) è un’usanza non desueta. Infatti a gennaio il premier si mette contro la Merkel e “abbandona” Schengen, spera in un «muro del Brennero». Questi nel vertice di ieri era seduto accanto a Orbàn in un asse definito «neoasburgico», anzi, schiacciato sotto di lui, nell'invocare «la chiusura di tutte le rotte, anche quella balcanica».
E l’Italia? Il Belpaese corre un rischio evidente (ma il portavoce della Merkel l’ha definito “ipotetico”), già a primavera col blocco potrebbe ritrovarsi ad affrontare i flussi di rifugiati per la direttrice albanese-adriatica con approdo in Puglia. Ma il Governo italiano ha pensato, nella sua azione, a contrastare la poca (o nulla) libertà primaria, quella della stampa (non della circolazione fisica) già nota con una sentenza della magistratura turca con la quale è stato messo sotto tutela un giornale di opposizione (ne Il Sole 24 Ore del 6 marzo). Infatti il presidente del Consiglio Renzi si è indirizzato agli altri leader perché fosse tenuta a mente l'importanza di questa libertà: “Proseguire il cammino verso la UE – ha detto – significa abbracciare i suoi valori costitutivi”.
Ebbene sì, i valori costitutivi, quelli dei Padri fondatori. Ma quanti in Turchia (ma anche nella Vecchia Europa) ne rammentano i dettati? “L'Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto”. La frase la ricorda Buccini. E’ quella di Robert Schuman, un sopravvissuto all'orrore della Seconda guerra mondiale. Come lui, tanti altri han scelto l’ottimismo come scelta di vita. “Quasi 66 anni dopo – conclude Buccini -, per i popoli e gli elettori d'Europa «solidarietà» è diventata una parola sconcia.”