“Questa situazione eccezionale richiede una solidarietà e un sostegno eccezionali. Stiamo intervenendo rapidamente per attutire il colpo. La nostra priorità è garantire che i sistemi sanitari europei dispongano di tutte le risorse di cui hanno bisogno, in termini sia di materiali che di denaro; che le imprese colpite abbiano liquidità sufficiente a restare a galla; e che i posti di lavoro e il reddito dei dipendenti e dei lavoratori autonomi siano tutelati. Stiamo usando tutta la flessibilità delle norme di bilancio dell’Ue per sostenere i governi nazionali ad agire con decisione per fronteggiare l’impatto socioeconomico della crisi.”
Sono le parole usate nell’intervento pubblicato domenica scorsa sul Sole 24 Ore dal vicepresidente della Commissione europea Vladis Dombrovskis che ha fatto un primo bilancio delle misure intraprese dall'Unione europea sul tema emergenza Covid-19.
“Complessivamente, i finanziamenti a livello Ue raggiungono i 93 miliardi di euro e stiamo lavorando per aumentarli ulteriormente.” Questa è la prospettiva essenzialmente della Commissione, ma, come ormai abbiamo capito, è anche l'azione di quegli organismi (come la Bce) che godono di una certa autonomia e capacità di movimento decisionale che va oltre i condizionamenti intergovernativi tipici del Consiglio e del Consiglio europeo. L'Unione europea sta sviluppando - sia chiaro - politiche che superano anche tutte le altre priorità in agenda e che sarebbero state di competenza esclusiva, per dedicarsi ad attività di sostegno e assistenza in materie in cui gli Stati nazionali hanno voluto che avesse solo un ruolo secondario (articoli 4 e 6 del trattato FUE).
Quando attacchiamo qualcuno pensiamo prima di tutto se quel qualcuno ha il potere di fare ciò che gli viene chiesto, poi pensiamo a chi non ha dato quel potere perché sarebbe stato opportunità ed efficace che lo avesse, infine - per essere costruttivi - pensiamo a come cambiare in meglio le cose dando quel potere a quel qualcuno.
Criticare l'Unione europea può aver senso solo se si vuole renderla autonoma nelle decisioni ed equilibrata ed efficiente rispetto agli Stati nazionali per lasciare che si occupi veramente dei beni pubblici europei cioè comuni a tutti gli stati e a tutti i cittadini europei. E questo potrà essere possibile solo con un governo europeo responsabile, una capacità di bilancio autonomo, con risorse proprie, con una politica fiscale comune e un budget pubblico consistente e proporzionato al ruolo che le spetta ("no taxation without representation"). Senza resterà ancora zoppa, in mano a criteri di prevalenza nazionale, in preda a squilibri decisionali di mancanza di coordinamento tra politica monetaria (centralizzata e federale) e politica economica (decentralizzata e intergovernativa). Una vera e compiuta democrazia vuole responsabilità se c'è rappresentanza, quindi un Parlamento europeo sovrano potrà essere l'unico vero decisore (con un Consiglio degli Stati) per incidere sul governo unitario (la Commissione) per indicare quei beni, quei mezzi, quelle soluzioni in modo politicamente e istituzionalmente responsabile.
“È in primo luogo una questione di solidarietà, cooperazione e unità a livello europeo. Continueremo ad agire con decisione e insieme per superare la tempesta” (conclude Dombrovskis) e per tradurre in strumenti pratici per superare questa e le possibili future tempeste e per arginare gli squilibri sociali e migliorare le nostre esistenze comuni lo strumento è uno solo la Federazione europea, gli Stati Uniti d’Europa.